Cos’è il linfoma non Hodgkin? Si chiama così per distinguerlo da Linfoma di Hodgkin che prende il nome dal suo scopritore. In questa guida vediamo cos’è nel dettaglio, come si manifesta e quali sono i suoi sintomi. Vediamo le terapie e cure e i fattori di rischio correlati alla malattia. In alcuni casi questo tumore del sangue è correlato all’esposizione a sostanze dannose per la salute. Vediamo quindi quali sono le categorie professionali a rischio e gli indennizzi e prestazioni economiche in loro favore.
Contents
- 1 Linfoma non Hodgkin: che cos’è?
- 2 Classificazione dei linfomi non Hodgkin
- 3 Sintomi del linfoma non Hodgkin: quali sono?
- 4 Esami per la diagnosi e importanza di quella precoce
- 5 Trattamento e cura del linfoma non Hodgkin
- 6 Fattori di rischio per i linfomi non hodgkin
- 7 Linfoma e malattie correlate al lavoro
Linfoma non Hodgkin: che cos’è?
Il linfoma non-Hodgkin rappresenta un insieme eterogeneo di circa settanta malattie che prendono di mira i linfociti, cellule fondamentali del nostro sistema immunitario. Queste patologie, che si distinguono per caratteristiche istopatologiche e cliniche differenti rispetto al linfoma di Hodgkin, rappresentano una realtà più frequente e sono responsabili, in Italia, di circa il 3% dei decessi attribuibili al cancro.
Quando parliamo di questo tipo di tumore, ci riferiamo a una condizione che può interessare organi e tessuti deputati alla difesa del corpo, come il midollo osseo, il timo, la milza e i linfonodi, ma anche altre strutture quali il fegato, l’intestino, le ossa e, in alcuni casi, persino la cute o il sistema nervoso centrale.
Classificazione dei linfomi non Hodgkin
Nel corso degli anni, gli studiosi hanno sviluppato molteplici sistemi per classificare i linfomi non-Hodgkin. Oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità distingue oltre settanta sottotipi, sulla base di criteri che comprendono l’aspetto delle cellule al microscopio, la loro velocità di crescita, l’espressione di specifici marcatori molecolari e le alterazioni genetiche.
La distinzione principale viene fatta in base all’origine cellulare: la maggior parte di questi tumori, infatti, deriva dai linfociti B, mentre una percentuale minore coinvolge i linfociti T, e in casi estremamente rari si osservano tumori originati dalle cellule NK. In generale, si parla di forme indolenti, caratterizzate da una crescita lenta, e di forme aggressive che si sviluppano rapidamente e richiedono interventi terapeutici tempestivi.
Sintomi del linfoma non Hodgkin: quali sono?
Il quadro clinico che accompagna il linfoma non-Hodgkin è spesso segnalato da un ingrossamento dei linfonodi, che può comparire in maniera rapida e senza un dolore evidente. Questo fenomeno si osserva solitamente nelle aree del collo, delle ascelle o dell’inguine, e a seconda della zona coinvolta, il paziente può sperimentare diverse problematiche.
Ad esempio, quando i linfonodi toracici si ingrossano, possono esercitare una pressione sulle vie respiratorie o sui vasi sanguigni, causando sintomi come difficoltà nel respirare, tosse persistente o gonfiore al viso e agli arti superiori. Se invece il fenomeno interessa l’addome, è possibile che si manifestino sintomi come la perdita di appetito, dolori addominali o gonfiore alle gambe, dovuti alla compressione degli organi interni.
Un ulteriore aspetto da considerare è il coinvolgimento del midollo osseo: la proliferazione delle cellule tumorali in quest’area può compromettere la produzione di cellule del sangue normali, portando a fenomeni come anemia, maggiore suscettibilità alle infezioni e alterazioni nella coagulazione del sangue, che si manifestano con episodi di sanguinamento.
Esami per la diagnosi e importanza di quella precoce
Riconoscere i segnali del linfoma non-Hodgkin e intervenire precocemente rappresenta un elemento fondamentale per migliorare le possibilità di cura. La diagnosi, infatti, si basa principalmente sull’esecuzione di una biopsia linfonodale, che permette di analizzare un campione di tessuto e di confermare la presenza di cellule tumorali.
La tecnica utilizzata può variare in base alla posizione e alle dimensioni del linfonodo: in alcuni casi si preferisce la rimozione completa del linfonodo, mentre in altre si opta per il prelievo con ago cavo, eseguito sotto guida ecografica o tomografica. Spesso, il sospetto clinico di linfoma non-Hodgkin sorge in seguito all’osservazione di un ingrossamento persistente e inspiegabile dei linfonodi, che, sebbene privo di sintomi evidenti, solleva il sospetto di una malattia di natura neoplastica.
Per comprendere l’entità e la diffusione del tumore, è indispensabile procedere a una corretta stadiazione della malattia, che viene suddivisa in quattro stadi progressivi, con un grado maggiore di diffusione nei casi di stadio avanzato. Strumenti diagnostici moderni, come la PET combinata con la TC, permettono di individuare con precisione la localizzazione e le dimensioni delle lesioni, nonché l’attività metabolica delle cellule tumorali. Quando questa tecnologia non è disponibile, si ricorre a metodiche radiologiche tradizionali, come la TC con mezzo di contrasto, integrata, se necessario, da esami specifici come la risonanza magnetica, soprattutto in presenza di sintomi riferibili al sistema nervoso.
Trattamento e cura del linfoma non Hodgkin
Il trattamento del linfoma non-Hodgkin è un percorso complesso e personalizzato, che tiene conto di diversi fattori tra cui il sottotipo istologico, lo stadio della malattia, l’età del paziente e le condizioni generali di salute. Nella maggior parte dei casi, si ricorre a regimi di chemioterapia combinata, spesso integrati con radioterapia e immunoterapia. In quest’ultimo ambito, l’impiego di anticorpi monoclonali, come il rituximab, che agiscono indirizzandosi specificamente al recettore CD20 presente sulle cellule B, ha rivoluzionato il trattamento, facilitando la distruzione mirata delle cellule tumorali. In situazioni in cui la malattia si mostra refrattaria alle terapie convenzionali o in presenza di recidive, si può optare per il trapianto di cellule staminali, sia autologo che allogenico, dopo aver utilizzato una chemioterapia ad alte dosi per eliminare il tessuto neoplastico.
Un’ulteriore frontiera della ricerca riguarda l’uso delle cellule CAR-T, una tecnica innovativa che sfrutta linfociti T ingegnerizzati per riconoscere e attaccare in maniera mirata le cellule tumorali, offrendo nuove speranze soprattutto per alcuni sottotipi di linfoma a cellule B.
Fattori di rischio per i linfomi non hodgkin
Oltre agli aspetti terapeutici, è importante sottolineare il ruolo dei fattori di rischio e delle misure preventive. Tra le cause non modificabili, l’età e il sesso giocano un ruolo importante, con una maggiore incidenza nei maschi, in particolare oltre i 65 anni.
Tuttavia, l’esposizione a radiazioni ionizzanti e a sostanze chimiche tossiche, nonché condizioni che compromettono il sistema immunitario – come l’infezione da HIV, l’uso di farmaci immunosoppressori o la presenza di malattie autoimmuni – rappresentano elementi che aumentano il rischio di sviluppare questa patologia.
Anche le infezioni croniche da virus e batteri, come Epstein-Barr o Helicobacter pylori, possono contribuire a una stimolazione continua del sistema immunitario, aumentando così le probabilità che si instaurino processi neoplastici.
Linfoma e radiazioni ionizzanti: il legame
Un tema di particolare attualità riguarda il legame tra l’esposizione a radiazioni ionizzanti e il linfoma non-Hodgkin, soprattutto in ambito militare e industriale. Un esempio significativo è rappresentato dall’uso di uranio impoverito, un sottoprodotto della lavorazione dell’uranio naturale, impiegato per la realizzazione di proiettili ad alto potere perforante. Quando un proiettile contenente questo materiale colpisce un bersaglio, l’energia rilasciata genera nanoparticelle di metalli pesanti e radiazioni ionizzanti, con effetti potenzialmente dannosi per la salute.
Questa situazione è stata osservata, ad esempio, in missioni di pace nei Balcani, dove i militari sono stati esposti a tali agenti tossici e, successivamente, sono emersi casi preoccupanti di tumori ematologici, inclusi i linfomi non-Hodgkin.
Le indagini parlamentari hanno confermato il legame tra l’esposizione a questi agenti e l’insorgenza di malattie del sangue. Le relazioni finali delle commissioni d’inchiesta hanno evidenziato numerosi casi di leucemia e altri tumori tra i militari impegnati in missioni di pace, sottolineando la necessità di interventi mirati per garantire una protezione adeguata alla salute dei lavoratori esposti a tali rischi.
Linfoma e malattie correlate al lavoro
Anche in ambito lavorativo, esistono tabelle che identificano il linfoma non-Hodgkin come una malattia potenzialmente correlata all’esposizione a determinati agenti cancerogeni. Queste tabelle, ad esempio quelle dell’INAIL, distinguono tra agenti per i quali la semplice presenza in ambiente lavorativo, unitamente alla comparsa della malattia, è sufficiente a stabilire un nesso causale, e altri casi in cui è necessario dimostrare in modo più approfondito il legame tra attività lavorativa e insorgenza della patologia.
Un ruolo importante in questo ambito è giocato anche dall’epatite C, una infezione del fegato che, oltre a portare a complicanze come la cirrosi, è stata riconosciuta come un possibile fattore che può predisporre allo sviluppo di alcune forme di linfoma non-Hodgkin, in particolare quelle che coinvolgono le cellule B.
Riconoscimento della malattia professionale per gli esposti
Infine, è essenziale affrontare il tema della tutela legale per coloro che sviluppano un linfoma non-Hodgkin in seguito a esposizioni professionali, che si tratti di uranio impoverito, amianto o altri agenti tossici. Le persone colpite da questa malattia hanno il diritto di ottenere il riconoscimento della patologia come malattia professionale, il che permette loro di accedere a benefici previdenziali e risarcimenti adeguati al grado di invalidità riscontrato. In particolare, per i militari e per i dipendenti del servizio pubblico non privatizzato, è previsto lo status di “vittima del dovere”, che garantisce ulteriori prestazioni, tra cui pensioni agevolate ed equo indennizzo. Organizzazioni come l’Osservatorio Nazionale Amianto, diretto dall’Avvocato Ezio Bonanni, offrono un supporto sia dal punto di vista medico che legale, fornendo consulenze specializzate a chi necessita di assistenza per far valere i propri diritti.