La storia dell’amianto ha le sue origini nell’antichità e ha permeato diverse culture, contribuendo, suo malgrado, a plasmare le fondamenta della nostra evoluzione. Conosciamo meglio il minerale 

Storia e mitologia

Storia. L’amianto, conosciuto anche come asbesto, rappresenta un gruppo di circa trenta minerali naturali che hanno affascinato l’umanità fin dall’antichità. 

L’origine della parola è un romanzo di lingue antiche. Alcuni credono che provenga dal latino amiantus, termine che evocava pulizia e purezza. 

Altri ritengono che derivi dal greco antico (asbestos = indistruttibile o inestinguibile) e che per tali caratteristiche fosse considerato un dono degli dei (anch’essi considerati immortali e incorruttibili).

Antichi utilizzi 

Quanto al suo uso come materiale per la creazione di manufatti, esso risale a un’epoca così antica da sfidare la concezione del tempo. 

Sin dal neolitico, l’amianto ha dimostrato di essere un compagno insostituibile nella creazione di oggetti di uso quotidiano, tanto da essere impiegato per rinforzare materiali ceramici. 

A confermarlo, il ritrovamento di fibre di amianto incastonate tra i detriti risalenti all’età della pietra. Insomma, un racconto silenzioso che risale a circa 750.000 anni fa. 

Ma non fu solo un oggetto di curiosità per i nostri lontani antenati. Già nel 4000 a.C., filamenti simili a seta di amianto danzavano come stoppini nelle fiamme di antiche lampade e candele, illuminando i passi dei primi esseri civilizzati.

Tra il 2000 e il 3000 a.C., i faraoni egiziani, custodi della maestosa grandezza dell’Antico Egitto, sceglievano di essere avvolti in abiti tessuti con fili d’amianto per sfuggire alle braccia implacabili del tempo, proteggendo le loro spoglie dall’ineluttabile deterioramento.

Plinio il Vecchio, nella sua opera “Naturalis Historia”, riversava l’ammirazione degli Egizi per questa sostanza rara e preziosa, tessendo leggende di sudari reali che sfidavano il tempo e la corruzione.

Anche Erodoto, lo storico greco che ha tessuto nelle pagine della storia le gesta degli uomini e dei popoli, nel 456 a.C. registrò un uso singolare del minerale, parlando di “sudari di amianto adagiati sui corpi defunti, come manto d’addio prima dell’ultimo viaggio verso la pira funeraria”. Una scelta ponderata per preservare le ceneri dall’unione inestricabile con le fiamme stesse.

Altre tracce di questo legame ancestrale emergono con nitidezza nei ritrovamenti effettuati in terre lontane come la Finlandia, la Russia centrale, la Norvegia, in siti lapponi e in Svezia.

Nel freddo abbraccio della Finlandia, vasi di terracotta risalenti al 2500 a.C. racchiudevano al loro interno fibre di amianto, conferendo loro una forza che sfidava persino il fuoco stesso.

Ma l’uso dell’amianto andava oltre il mero incanto funerario.

Storia dell’amianto tra alchimia e magia

Gli alchimisti d’epoca antica erano consapevoli delle proprietà filabili e del potere isolante dell’amianto. Ne facevano stoppini per lampade dalle fiamme inalterate, come racconta Pausania nel suo resoconto del tempio di Minerva sull’Acropoli di Atene. “Qui, una lucerna alimentata da olio resisteva all’oblio, richiedendo una sostituzione annuale del combustibile, in un’affascinante danza con le leggi della natura“.

Si sussurra inoltre che questa descrizione rievochi le lampade degli Automata di Erone di Alessandria, antico ‘scienziato’ del passato, capace di creare macchine capaci di rifornire autonomamente il proprio nutrimento di fiamma.

Ma c’è di più. Nel vasto panorama dell’alchimia e della magia, l’amianto emerge anche come una sostanza intrisa di mistero e potenza, tanto che spesso fu impiegato più per scopi rituali e misticheggiati che per mero pragmatismo o produzione di manufatti. Al minerale veniva insomma attribuita un’aura di trasmutazione e connessione con le forze arcane dell’universo.

Zosimo di Panopoli, illustre alchimista dell’antichità, inserì ad esempio l’amianto tra le parole incantate dei suoi testi, tanto che le sue opere, pregne di simbolismo e sapienza, ci trasportano in un mondo dove l’amianto è più che una semplice sostanza: è un mezzo per accedere a dimensioni alchemiche sconosciute. 

I primi malati d’amianto

A onor del vero, in questo intreccio di meraviglia e pericolo, i Greci e i Romani non persero di vista l’oscuro lato dell’amianto. Le cave di pietra nascondevano una minaccia invisibile: la polvere che ne scaturiva. Gli schiavi, che tessevano con abilità le fibre di amianto, erano anche vittime di una strana “malattia dei polmoni“. 

Strabone, il geografo greco, fu uno dei primi a constatare gli effetti letali del minerale. Anche Plinio il Vecchio, il sapiente filosofo romano, scrisse della “malattia degli schiavi”. E in quel passato remoto, nel cuore delle terre ancestrali, la sottile membrana della vescica di un agnello o di una capra, era l’anello di protezione contro le insidie delle fibre dannose, un’antica forma di respiro nell’oscurità delle cave di amianto.

Amianto nel Medioevo

Nel Medioevo, le testimonianze su questo minerale si rincorrono, spesso avvolte in una nebbia di credenze contrastanti. Mentre alcuni lo riconoscevano come un minerale, altri lo associavano al regno vegetale o addirittura animale. Una credenza popolare sosteneva che l’amianto fosse la “lana della salamandra”, attribuendo a questo animale il potere di sconfiggere il fuoco senza subirne danni.

Marco Polo, nel suo epico racconto de “Il Milione”, ci trasporta nella provincia cinese di Chingitalis, dove si filava questo minerale per ottenere un tessuto impiegato nella confezione di tovaglie. Raccontava di filamenti simili a lana, che, una volta essiccati al sole e lavorati, divenivano stoffe straordinarie. Descriveva di abiti mongoli, tessuti con una magia particolare con un “tessuto che non brucia”. Egli, il viaggiatore incantato, visitò persino una miniera di amianto in Cina, sfatando il mito che voleva l’amianto nato dalle spire di una lucertola lanosa.

Ma l’amianto non era soltanto oggetto di leggende e misteri. Nell’arte della medicina medievale, emerge come rimedio terapeutico.

Il medico naturalista Boezio, nel 600 ad esempio, confezionava un unguento curativo a base di amianto, piombo e ruta, dimostrando l’uso di questo minerale nell’antica farmacopea. L’amianto ha continuato a lasciare il suo segno anche nella farmacologia moderna, presente in preparati contro la sudorazione e nella creazione di paste dentarie. Ma torniamo al passato.

Nel cuore del 755, nelle terre di Francia, il re Carlo Magno, intuì l’inarrestabile potenza dell’amianto. Fece tessere con maestria una tovaglia di questo straordinario minerale, una difesa contro gli incendi capricciosi che danzavano durante festività e celebrazioni. Come gli antichi Greci, anche lui avvolgeva i corpi dei suoi valorosi generali in sudari di amianto, in un abbraccio destinato a durare nell’eternità.

Alla fine del primo millennio, l’amianto, in forma di crisotilo (proveniente da Cipro) e la tremolite estratta nell’Italia settentrionale, divennero protagonisti di antiche cerimonie. Con le fibre del minerale che “sfidava le fiamme” si confezionavano panni per la cremazione, stuoie e stoppini per le lampade sacre dei templi.

E ancora, l’amianto si rivelò il custode del fuoco sacro nelle imprese dei cavalieri, durante la Prima Crociata del 1095. Francesi, tedeschi, italiani, uniti nella fiamma della missione, lanciavano sacchi fiammeggianti di pece e catrame, avvolti con perizia in lamine di amianto, sopra le mura della città assediata.

E la storia continua…

Nel regno di Pietro il Grande, zar dalla visione avanguardista, risuonò il primo capitolo dell’epopea dell’amianto crisotilo. Era il XVII secolo e la Russia, sotto il suo dominio, vedeva sorgere le prime miniere di questo minerale straordinario.

Benjamin Franklin, il genio pluripremiato, portò con sé un tesoro ignifugo in Inghilterra: una borsa fatta di amianto, ora gelosamente custodita nel Museo di Storia Naturale di Londra, simbolo di un’epoca di meraviglie e scoperte.

All’apice della Rivoluzione Industriale, l’amianto emergeva come un’essenziale pietra angolare dell’ingegno umano. La sua resistenza ineguagliabile ad agenti chimici, calore, acqua ed elettricità lo trasformò in un alleato prezioso, destinato a plasmare il futuro industriale del mondo.

Quanto all’Italia, nel XIX secolo, il Governo sperimentò le fibre di amianto nelle sue banconote, un’innovazione straordinaria che sfidava il tempo.

A Parigi invece, a metà del XIX secolo, i valorosi vigili del fuoco iniziarono ad avvolgersi in giacche ed elmetti d’amianto, per proteggersi dalle fiamme.

Un’epoca di progresso e di incanto, in cui l’amianto si innalzava come simbolo di innovazione?

Una caccia globale al tesoro “fibroso”

Nel corso dei primi anni ’70 dell’Ottocento, iniziò insomma una vera e propria “caccia al tesoro”. Neanche a dirlo, l’ambito ricercato era l’amianto. Le terre di Scozia, Germania e Inghilterra videro sorgere imponenti industrie dedite all’estrazione e lavorazione dell’asbesto. L’Italia, con la sua ricca vena di amianto tremolite, era in questo balletto industriale già da anni.

Sulle terre australiane di Jones Creek, nel Nuovo Galles del Sud, gli anni ’80 dell’Ottocento videro spuntare le prime zolle di amianto estratte, inaugurando una nuova era.

In Finlandia, all’ombra delle foreste maestose, l’amianto antofillite iniziò la sua attività estrattiva agli albori del 1900, unendosi insieme ad altri Paesi in questa affascinante corsa al minerale prezioso.

Nelle profondità del Transvaal, in Sud Africa, prese il via l’estrazione dell’amosite, mentre nelle miniere dello Swaziland e dello Zimbabwe, si estrasse il crisotilo, successivamente commerciato e celebrato in ogni angolo del mondo.

In Canada, nella regione del Quebec, con il rinvenimento del prezioso crisotilo, l’amianto bianco avrebbe inoltre conquistato il mondo.

Alla fine del 1800, l’amianto era diventato un protagonista affermato ormai ovunque…

Amianto e rivoluzione industriale

L’industrializzazione del minerale

In pieno boom industriale, macchine a vapore e nuovi metodi minerari si uniscono intanto alla forza lavoro umana per estrarre l’amianto, superando le limitazioni del lavoro manuale.

Henry Ward Johns, giovane visionario di soli 21 anni, fonda la H.W. Johns Manufacturing Company a Lower Manhattan, con l’intento di creare nuovi materiali ignifughi. L’amianto antofillite dalle vicine cave di Staten Island diventa protagonista di questa rivoluzione. Nel corso di quattro decenni, Johns amplia il dominio dell’amianto, portandolo a nuove applicazioni e espandendo l’impero della Johns Manville, la più grande azienda manifatturiera di amianto negli Stati Uniti.

Mentre il mondo si scaldava all’idea delle potenzialità dell’amianto, il Regno Unito assiste alla produzione delle prime guarnizioni dei freni in amianto, mentre in Germania nasce il brevetto per le lastre di cemento-amianto. L’Austria si fa pioniera con le guarnizioni in amianto ad alta pressione, mentre in Italia si inventano i primi tubi di questa preziosa fibra.

Gli Stati Uniti, epicentro di questa rivoluzione, vedono una crescita esplosiva dell’industria mineraria legata all’amianto. Le operazioni si moltiplicano lungo la costa orientale e in California, con la King City Asbestos Company a guidare l’ultima corsa verso l’oro fibroso, chiudendo le sue porte nel 2002.

E così, l’epoca d’oro dell’amianto, fatta di innovazione e progresso, si dipana attraverso le terre e il tempo, lasciando un’impronta indelebile nella storia industriale del mondo.

Il lato oscuro del minerale 

L’ascesa dell’industria dell’amianto portò con sé una tragica ombra, un tributo inaspettato pagato con vite umane. Nel 1897, un medico austriaco, con occhio acuto, collegò i disturbi polmonari di un paziente all’inalazione di polvere di amianto. Nel 1898, un rapporto inglese sottolineò danni e lesioni polmonari diffusi nelle fabbriche di amianto, nonostante le ispezioni che risalivano al 1833 per proteggere i lavoratori.

L’anno fatale fu il 1906, quando il dottor Montague Murray al Charring Cross Hospital di Londra registrò la prima morte documentata per insufficienza polmonare causata dall’amianto. L’autopsia rivelò che i polmoni della vittima erano intrisi di fibre di amianto. Nel frattempo, in Italia e in Francia, le morti di lavoratori a causa di “fibrosi” negli impianti di amianto si moltiplicavano. Gli Stati Uniti, già nel 1908, videro le compagnie assicurative ridurre la copertura e i benefici, alzando i premi per i lavoratori dell’industria dell’amianto.

Ma l’impeto continuò, implacabile. Nel 1910, la produzione globale superò le 109.000 tonnellate, oltre tre volte il totale del 1900. Gli Stati Uniti guidavano la corsa, alimentati dalla richiesta di materiali da costruzione convenienti e prodotti in serie. Il Canada, vicino fornitore, garantiva un flusso costante. La Prima Guerra Mondiale e la Grande Depressione poterono rallentare solo momentaneamente l’industria. La Seconda Guerra Mondiale, al contrario, la riaccendeva.

Nel bel mezzo del conflitto, Canada, Sud Africa e Stati Uniti soddisfacevano la crescente richiesta di minerali. Nel 1942, il consumo di amianto negli Stati Uniti si alzò al 60% della produzione mondiale, rispetto al 37% del 1937. Ma questo fervore ebbe un costo: le forze armate statunitensi, con il loro massiccio uso di amianto, pagarono con un’incidenza elevata di mesotelioma tra i veterani. Quel che era iniziato come una rivoluzione industriale si stava rivelando una tragica danza con la morte.

L’Amianto: una storia in declino

L’amianto, una volta onnipresente in vari prodotti comuni utilizzati nell’edilizia e nell’industria automobilistica, ha vissuto un’epopea di diffusione e declino, con una triste scia di devastazione di vite umane. Negli Stati Uniti, l’impennata dell’edilizia ha innescato una crescente richiesta di prodotti contenenti amianto. Le strade stesse, simbolo dell’American Dream, talvolta contenevano asfalto impregnato di questo minerale.

Dal cemento all’isolamento per cavi elettrici, dal rivestimento di pavimenti e coperture all’isolamento termico, l’amianto si è intrecciato nella trama della produzione moderna. Ha preso forma nelle frizioni di veicoli terrestri e aerei, nei materiali di imballaggio e nelle vernici ignifughe. Ha reso possibile la creazione di strutture più resistenti e durature, ma a un prezzo troppo alto.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’economia globale si è espansa freneticamente, alimentando la richiesta di amianto. Tuttavia, verso la fine degli anni ’70, un sinistro legame tra l’amianto e malattie polmonari ha cominciato a emergere. I lavoratori, consapevoli dei pericoli, hanno alzato la voce per condizioni di lavoro più sicure. Le azioni legali contro i giganti dell’industria hanno spinto alla ricerca di alternative. Poi la svolta nel 2003.

A partire da questa data, diverse normative ambientali e pressione dei consumatori hanno portato a divieti parziali o totali dell’uso dell’amianto in 17 paesi, un passo coraggioso verso la tutela della salute pubblica. Nel 2005, l’Unione Europea ha bandito completamente l’amianto. Nonostante ciò, lo spauracchio “amianto” continua a minacciare la salute di milioni di persone in tutto il mondo.