La prescrizione è un istituto del diritto che si trova tanto nell’ordinamento civile che in quello penale, ma con due significati diversi. In questa guida scopriamo tutto sulla prescrizione nel civile, sugli articoli che la regolano e quando è applicabile. Quando si parla di diritto risarcitorio la prescrizione gioca un ruolo importante sia che si tratti di vittime dell’amianto e di altri cancerogeni, di mobbing, di responsabilità medica o del terrorismo.

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Prescrizione civile

Prescrizione nel civile: cos’è?

L’istituto della prescrizione trova la sua ragione d’essere per esigenze di certezza del diritto.

Nell’ordinamento civile esso ndica l’estinzione di un diritto che consegue al suo mancato esercizio per un determinato periodo di tempo. Tale materia è regolata dagli articoli 2934 a 2963 del codice civile italiano. Il periodo di tempo trascorso il quale avviene la prescrizione è stabilito dalla legge ed ammonta di solito a 10 anni. Si distingue dalla prescrizione nell’ordinamento penale che riguarda invece il tempo oltre il quale un determinato reato non può essere punito.

Se il titolare di un diritto non lo esercita per un periodo prolungato di tempo, l’ordinamento giuridico riconosce l’opportunità di tutelare l’interesse del soggetto passivo a non restare obbligato per un periodo indefinito di tempo. Attraverso la prescrizione nel civile non viene estinta l’obbligazione, ma il diritto del soggetto attivo di pretendere che il soggetto passivo adempia. Questo anche a tutela di chi ha adempiuto la propria obbligazione, perché a distanza di anni può non essere facile provare il proprio adempimento. Potrebbe infatti essersi smarrita la quietanza oppure eventuali testimoni potrebbero non essere più reperibili o non ricordare.

Il termine prescrizione viene a volte utilizzato erroneamente per indicare la prescrizione acquisitiva, o usucapione. In questo caso si tratta del fenomeno contrario a quello della prescrizione estintiva, come vedremo meglio in seguito.

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Prescrizione nel civile: quando si applica?

La prescrizione nel civile non può essere sempre applicata. Non si applica infatti ai diritti indisponibili, oppure ai diritti disponibili espressamente dichiarati imprescrittibili dalla legge.

Tra i diritti indisponibili rientrano i diritti della personalità, gli status familiari e la potestà dei genitori sui figli.

Tra i diritti disponibili non soggetti a prescrizione ci sono il diritto di proprietà, che però è soggetto all’istituto della prescrizione acquisitiva o usucapione, il diritto alla qualità di erede (che incontra il limite dell’eventuale usucapione da parte di terzi di singoli beni ereditari) e il diritto a fare valere la nullità di un contratto.

La disciplina della prescrizione è inderogabile. I patti rivolti a questo fine sono nulli né è possibile rinunciare alla prescrizione sino a quando la stessa non è compiuta.

La rinuncia non deve essere necessariamente espressa, ma può anche risultare da fatti concludenti, incompatibili con la volontà di avvalersi della prescrizione.

Prescrizione nel civile: diritti imprescrittibili

Quali sono dunque i diritti considerati imprescrittibili dal nostro ordinamento?

Come già detto non si prescrivono i diritti indisponibili, cioè i diritti della personalità e quelli inerenti i rapporti di famiglia, che non possono essere oggetto di atti di disposizione da parte del loro titolare.

Non si prescrivono, poi, l’azione di nullità del contratto, salva la trascrizione sanante, e l’azione di simulazione assoluta.

Come già accennato è imprescrittibile il diritto di proprietà, in quanto l’azione di rivendicazione non è soggetta a prescrizione.

Nel caso in cui al mancato esercizio del diritto di proprietà corrisponda il prolungato possesso altrui, la proprietà potrà essere persa in forza di usucapione.

Decorrenza della prescrizione

Il periodo di tempo di decorrenza della prescrizione varia a seconda delle diverse fattispecie delle quali si sta considerando l’eventuale prescrizione.

Dove la legge non disponga niente in ordine al periodo di tempo necessario ai fini della prescrizione, si applica il termine di prescrizione ordinaria, ovvero dieci anni. L’articolo 2935 del codice civile dice che la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.

La prescrizione di un’obbligazione da fatto illecito incomincia a decorrere dal giorno nel quale il fatto è stato commesso.

Ci sono però delle eccezioni. L’articolo 1442 c.c., infatti, stabilisce che il termine di prescrizione (quinquennale) dell’azione di annullamento, nel caso in cui l’annullabilità dipenda da vizio del consenso o da incapacità legale, decorre eccezionalmente dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l’errore o il dolo, è cessato lo stato d’interdizione o d’inabilitazione o il minore ha raggiunto la maggiore età.

I termini della prescrizione

I termini di prescrizione sono quindi diversi a seconda della fattispecie.

Il termine ordinario di dieci anni si applica laddove la legge non prevede diversamente.

I diritti reali su cosa altrui si prescrivono solo in caso di mancato esercizio per venti anni.

Per alcune fattispecie il termine di prescrizione è inferiore a 10 anni. Questo succede per esempio con l’azione di annullamento del contratto sottoposta al termine di prescrizione quinquennale, come l’azione revocatoria e i diritti che derivano dal contratto di società. Anche l’azione per il risarcimento del danno subito da fatto illecito ha un termine di 5 anni.

I diritti derivanti dai contratti di mediazione, spedizione, trasporto e il diritto al pagamento del premio assicurativo si prescrivono in termini ancora più brevi (in un anno). Gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione (ad esclusione di quello sulla vita) si prescrivono in due anni.

Sospensione

I termini di prescrizione possono essere “sospesi”, ad esempio, in tempo di guerra, a favore dei militari in servizio, oppure a favore degli interdetti per infermità mentale per il tempo nel quale non hanno rappresentante legale, oppure “interrotti”.

Nella sospensione il periodo trascorso prima della stessa si somma con quello che continua a decorrere dopo la cessazione della causa sospensiva.

Nell’interruzione, dopo ogni causa di interruzione ricomincia a decorrere un altro periodo di prescrizione.

Come si calcolano i tempi della sospensione?

Le norme (artt. 2962 e 2963 c.c..) prevedono i metodi per il calcolo del tempo.

Non si tiene conto del giorno iniziale del tempo, ad esempio, il giorno nel quale è avvenuto il sinistro, che genera il diritto al risarcimento, e il termine scade quando finisce l’ultimo giorno compreso.

Se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo.

A questo fine, come di solito previsto in materia di termini processuali, il sabato è considerato giorno feriale (legge n. 260 del 27 maggio 1949 e successive modifiche, delle quali la legge n. 336 del 20 novembre 2000).

La prescrizione a mesi si verifica nel mese di scadenza e nel giorno di questo corrispondente al giorno del mese iniziale.

Se nel mese di scadenza manca questo giorno, il termine si compie con l’ultimo giorno dello stesso mese.

Interruzione

La prescrizione, invece, si interrompe innanzitutto in conseguenza della notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio o della domanda proposta nel corso di un giudizio, anche se il giudice adito è incompetente.

Essa si interrompe, poi, con il compimento di ogni altro atto con il quale il debitore sia messo in mora e dell’atto notificato con il quale, in presenza di compromesso o clausola compromissoria, una parte manifesti l’intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, proponga la domanda e proceda, per quanto le spetti, alla nomina degli arbitri.

La prescrizione si interrompe, infine, attraverso il riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere.

La conseguenza dell’interruzione è che a partire dall’atto interruttivo la prescrizione inizia a decorrere da capo.

La prescrizione presuntiva

Da questo tipo di prescrizione, chiamata estintiva, si distingue la prescrizione presuntiva, che opera in ambito processuale.

Si applica a rapporti, specificati dalla legge, nei quali l’estinzione del debito, in particolare, il pagamento del prezzo di una merce o di una prestazione, avviene di solito in tempi brevi.

In questo caso, il debitore che affermi, ad esempio, di avere adempiuto la propria prestazione ma non è in possesso della relativa prova (es: quietanza di pagamento), si può limitare ad eccepire in giudizio al creditore l’avvenuta prescrizione presuntiva.

Questo ha come conseguenza processuale che l’obbligazione si “presume” estinta.

Si tratta di una presunzione non assoluta (iuris et de iure), ma relativa (iuris tantum), che può essere vinta da una prova contraria, però, questa prova è costituita dal “giuramento decisorio”, con il quale il creditore chiede che il debitore giuri che la prestazione dovuta è stata estinta.

Se il debitore giura, fatte salve le conseguenze penali del falso giuramento(art. 371 c.p.), il giudice, nel decidere la lite, non si potrà che attenere a quanto giurato dalla parte, senza poterne sindacare l’attendibilità e la veridicità.

L’eccezione di prescrizione presuntiva, però, deve essere respinta se chi la oppone ha ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta.