ESG e SDGs: che strane parole! Nel frastuono dei grandi vertici internazionali, la COP21 del 2015 è emersa come un’epifania collettiva: il mondo ha promesso l’azione contro il cambiamento climatico, puntando sull’obiettivo zero emissioni entro il 2050. Da questo fervore, ha preso vita il concetto ESG, un mantra per le aziende: concentrazione su questioni ambientali, sociali e di governance nelle loro decisioni. Tuttavia, la realtà attuale dipinge un quadro disallineato: mentre le dichiarazioni di intenti a zero emissioni nette si moltiplicano, la trasformazione concreta rimane un’illusione in molte sfere.

ESG e SDGs nobili propositi infranti

L’origine ideale degli ESG attingeva da riferimenti solidi: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e gli SDGs insieme all’Accordo di Parigi. Questi pilastri dovevano essere una bussola per governi, organizzazioni e imprese nel perseguire la sostenibilità. Tuttavia, l’aderenza a tali linee guida è stata tutto tranne che uniforme e coerente.

Mondo sostenibile

L’ESG, acronimo di Environmental, Social e Governance si è trasformato pertanto in un labirinto di propositi, il cui significato originale si è distorto. Il termine è persino diventato sinonimo di un capitalismo “svegliato”, con accuse di “greenwashing” sempre più diffuse.

Così, mentre le imprese si affrettano a proclamare il loro impegno per emissioni net zero, la complessa realtà di raggiungere tale obiettivo si svela in tutta la sua sfaccettata difficoltà, rendendo vani gli sforzi di standardizzazione e condivisione di valutazioni oggettive.

SDGs: stessa cosa

Stesso discorso vale per gli SDGs, Sustainable Development Goals. Con i loro 17 obiettivi interconnessi, abbracciavano un ampio spettro di sfide globali, ma l’attuazione e il monitoraggio di questi obiettivi non hanno raggiunto una uniformità desiderabile. 

Del resto, le strategie per ridurre le emissioni e diventare sostenibili richiedono investimenti massicci, cambiamenti radicali nelle catene di approvvigionamento e una riconsiderazione completa dei modelli di business. La vera trasformazione richiede più di annunci stravaganti; richiede azione, trasparenza e un impegno reale verso un futuro sostenibile.

Tirando le somme: che fine faranno gli ESG?

Il Net Zero Tracker, una piattaforma online che raccoglie i dati sulle emissioni di gas serra di tutti i paesi del mondo, rivela una marea di dichiarazioni aziendali, ma rimane il dubbio su trasparenza e azioni concrete. I consumatori e persino i leader delle Nazioni Unite reclamano standard più rigidi e trasparenza reale. L’ottimismo per l’impatto delle imprese s’infrange dunque contro l’incertezza su come sviluppare e attuare piani tangibili e i dubbi crescono.

Detta così, dall’ombra dell’acronimo ESG alla promessa illusoria di zero net, emergono le fragilità di un sistema apparentemente impegnato verso la sostenibilità. Le aziende, hanno trasformato termini come “ambiente”, “sociale” e “governance” in slogan vuoti, smarrendo il significato genuino dietro queste parole? E ancora, quando il marketing sostenibile diventa più importante dei fatti, quanto è reale la sostenibilità proposta dalle aziende?

Stando al trend attuale, le dichiarazioni audaci, seppur inizialmente applaudite, si rivelano spesso come un espediente per migliorare immagine e quote in borsa. Come detto, l’etichetta ESG ha più volte favorito un finto risveglio del capitalismo piuttosto che un autentico cambiamento. Il camuffamento sotto il velo della sostenibilità ha generato una confusione dilagante anziché soluzioni concrete. Le promesse di zero net rimangono spesso sulla carta, mentre la realtà resta ambigua e priva di azioni tangibili.

ESG e SDGs: l’impegno prima delle parole

In questa saga di annunci grandiosi e mancanza di sostanza, ciò che emerge è la necessità di trasparenza e impegno reale. Le aziende devono abbracciare un cambiamento autentico, al di là della retorica e dei numeri accattivanti. Serve un’evoluzione che vada oltre le dichiarazioni di intenti, un’azione concreta che trasformi le parole in risultati tangibili.

Ma esiste una via per un futuro sostenibile? Ci sono prospettive reali di cambiamento significativo? Forse sì. Il cambiamento non è impossibile. Richiede però una riforma di pensiero e azione, una cultura aziendale che ponga la sostenibilità come fulcro centrale, non come mero strumento di marketing.

I leader aziendali, i governi, gli investitori e i consumatori dovrebbero collaborare seriamente per ridefinire le aspettative e impostare standard rigorosi. È il momento di esigere trasparenza e responsabilità, di smascherare il greenwashing e di dare voce alle azioni concrete anziché alle mere dichiarazioni.

Solo attraverso un impegno autentico e una trasformazione profonda, lontana dalle false promesse, possiamo sperare in un futuro sostenibile. L’orizzonte è incerto, ma se ci sarà una reale volontà di cambiamento, potremo finalmente intravedere un cammino verso la sostenibilità reale e duratura.