In questa guida ci occupiamo di tumore alle ovaie, una neoplasia che coinvolge l’organo riproduttivo femminile. Come tutte le neoplasie può essere causata da esposizioni dannose sul luogo di lavoro a sostanze cancerogene. Tra di esse figura l’amianto, potente cancerogeno.

Vediamo cos’è questa malattia, come si manifesta, dai sintomi precoci a quelli di stadi più avanzati, scopriamo i trattamenti e cura migliori e scopriamo tutto sul risarcimento e indennizzo del danno biologico in caso di malattia professionale.

Tumore alle ovaie: cos’è? Una definizione

Il tumore ovarico è una forma di cancro che coinvolge l’apparato riproduttivo femminile, focalizzandosi principalmente sulle ovaie. Esistono anche forme benigne di tumore ovarico che, a differenza dei maligni che possono diffondersi in altre parti del corpo attraverso metastasi, non hanno questa capacità e rimangono circoscritti all’organo.

Nella maggior parte dei casi, la neoplasia maligna si sviluppa nelle cellule epiteliali delle ovaie, mentre raramente colpisce le cellule germinali responsabili della produzione degli ovuli.

Ma cosa sono le ovaie e dove si trovano? Le ovaie sono due organi di dimensioni approssimativamente tre centimetri, situati ai lati dell’utero e collegati ad esso tramite le tube di Falloppio. La loro funzione principale è la produzione di ormoni sessuali femminili e ovociti. Durante il periodo fertile, ogni mese, producono un ovocita destinato a muoversi verso l’utero per essere eventualmente fecondato.

Classificazione dei tumori ovarici: tre varianti e due gruppi

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i tumori ovarici possono essere classificati come primitivi, se originati direttamente nell’ovaio, o secondari, se sviluppati altrove nel corpo e successivamente giunti all’ovaio.

In base alle cellule ovariche coinvolte, possono essere distinti in tre varianti:

  • Epiteliali: derivanti da un’anomalia nell’epitelio, il tessuto che riveste l’ovaio;
  • Stromali: originati da tessuti diversi nell’ovaio;
  • Germinali: provenienti dalle cellule germinali coinvolte nella produzione degli ovuli.

Una recente classificazione, nota come classificazione di Kurman, suddivide i carcinomi ovarici in due gruppi, denominati tipo I e II, in base alla natura delle cellule coinvolte. I tumori di tipo I si originano da cellule ben differenziate, come i tumori borderline, e sono associati a specifiche mutazioni genetiche (tra cui KRAS, BRAF, PTEN e beta-catenina). I tumori di tipo II, invece, sono più aggressivi e si sviluppano direttamente dal tessuto epiteliale ovarico senza passare attraverso una fase precancerosa. Questi tumori mostrano spesso instabilità genetica e presentano mutazioni nel gene P53.

Il cancro ovarico può causare tumori secondari in diverse parti del corpo, principalmente metastasi al fegato, ai linfonodi e alle ovaie stesse, oltre a metastasi polmonari.

La stadiazione del tumore delle ovaie

Il carcinoma ovarico può essere diagnosticato in diversi stadi:

  • stadio I, limitato alle ovaie;
  • II, su una o entrambe le ovaie ed esteso anche agli organi pelvici;
  • stadio III, su una o entrambe le ovaie, esteso agli organi pelvici o con metastasi ai linfonodi della stessa zona;
  • IV, con la presenza di metastasi anche a distanza dalla zona delle ovaie, solitamente al fegato e ai polmoni.

Quali sono i sintomi del tumore alle ovaie?

Agli esordi, il cancro ovarico è spesso del tutto asintomatico, oppure responsabile di sintomi appena percettibili. Viene da sé che in questo caso la diagnosi precoce è piuttosto complicata.

Con il progredire della malattia di solito compaiono i primi sintomi percettibili. Anche in questo caso però la diagnosi non è facile. Questi primi sintomi coincidono infatti con i sintomi di malattie e condizioni molto comuni come la sindrome del colon irritabile, la sindrome premestruale e le cisti ovariche.

I sintomi iniziali possono includere:

  • inappetenza;
  • perdite ematiche vaginali (con tumore ovaie ciclo mestruale è abbondante, irregolare o vi è sanguinamento dopo la menopausa);
  • variazioni delle abitudini intestinali;
  • dispnea, cioè difficoltà a respirare.

Nelle forme più avanzate i sintomi includono:

  • gonfiore addominale e gonfiore alle ovaie (persistente oppure intermittente);
  • necessità di urinare spesso;
  • dolore addominale, pelvico, alla schiena o alle gambe;
  • senso di pressione;
  • addome gonfio o ingrossato;
  • nausea;
  • indigestione;
  • presenza di gas intestinale;
  • costipazione o diarrea;
  • dispareunia, cioè dolore durante i rapporti sessuali;
  • sensazione di stanchezza.

Esami per la diagnosi del carcinoma ovarico

Il rilevamento del cancro alle ovaie coinvolge una serie di esami diagnostici. Durante l’esame pelvico o la visita ginecologica, il medico valuta l’addome della paziente considerando fattori come l’età, le dimensioni e la consistenza delle ovaie. Nelle donne fertili, un ovaio sano ha una consistenza solida e misura circa 3,5 cm, mentre durante la menopausa si riduce a 2 cm o meno.

Altri esami diagnostici includono la TC addominale e la risonanza magnetica per valutare l’estensione del tumore e la presenza di metastasi. Altri test comprendono:

  • Ecografia transaddominale o transvaginale, spesso con il dosaggio di CA 125;
  • Monitoraggio dei marcatori tumorali (CA125, CA19.9, HE4, CE15.3 e CEA) tramite prelievo ematico in caso di sospetto ecografico.

Una diagnosi precoce facilita il trattamento tempestivo e migliora le possibilità di guarigione e sopravvivenza.

Prevenzione e screening del carcinoma ovarico

Attualmente non esistono test di screening efficaci per la diagnosi precoce del tumore ovarico. Tuttavia, una visita ginecologica annuale con ecografia transvaginale è consigliata, specialmente nelle donne in post-menopausa, per agevolare la diagnosi.

Alcuni studi hanno esaminato l’uso del CA 125 come marcatore per il programma di screening, ma la sua specificità è limitata. Tuttavia, il CA 125 è utile nel monitorare la ricorrenza del tumore nelle persone già trattate.

Per chi è stato esposto ad amianto o altre sostanze cancerogene, è consigliata una visita ginecologica ogni sei mesi.

Trattamento del carcinoma ovarico: migliori cure

Nelle prime fasi del tumore ovarico, la chirurgia è il trattamento principale. L’entità dell’intervento dipende dallo stadio e dalla localizzazione del tumore.

La chirurgia può includere l’isterectomia totale o parziale, l’asportazione dell’ovaio e della tuba di Falloppio, o dell’omento, a seconda dei casi. La chemioterapia, solitamente a base di Paclitaxel e Carboplatino, può essere somministrata insieme alla chirurgia per ridurre il rischio di recidiva. La radioterapia è di solito utilizzata solo a fini palliativi.

Studi sono in corso su farmaci biologici come gli inibitori di PARP e gli immunoterapici per il trattamento del carcinoma ovarico avanzato.

Epidemiologia e diffusione del tumore ovarico

Come riportato nella pubblicazione I numeri del cancro in Italia, redatto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e dall’Associazione Italiana Registro Tumori (Airtum), ogni anno si registrano 4.900 casi di tumore alle ovaie in Italia e sono circa 30.000 le donne attualmente in trattamento. Il cancro alle ovaie rappresenta circa il 30% dei tumori maligni dell’apparato genitale femminile.

Si stima che in Italia siano almeno 40.000 le donne affette da tumore alle ovaie. Anche IARC riporta i dati sulla diffusione del cancro alle ovaie nel mondo. Il tipo di tumore alle ovaie più diffuso è quello epiteliale. Può presentarsi in forma benigna o maligna e rappresenta il 50% delle neoplasie che colpiscono l’ovaio, con maggiore incidenza in donne tra i 55 e i 65 anni. I tumori stromali sono più rari (4% dei tumori maligni), così come i tumori germinali (5%). Questi si manifestano soprattutto in giovane età. Per esempio il disgerminoma ovarico colpisce quasi sempre bambine o adolescenti.

Prognosi e sopravvivenza nel carcinoma ovarico

La prognosi del tumore ovarico dipende principalmente dallo stadio della malattia. Nei primi stadi, quando il cancro è localizzato solo alle ovaie, le prospettive di sopravvivenza sono migliori rispetto ai casi in cui la malattia si è diffusa altrove nel corpo.

Secondo le statistiche, il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi varia notevolmente a seconda dello stadio:

  • 95% per lo stadio 1 (20% dei casi);
  • 70% per lo stadio 2;
  • 25% per lo stadio 3;
  • 15% per lo stadio 4.

Fattori protettivi e di rischio nel cancro ovarico

La gravidanza e l’allattamento prolungato sembrano offrire una protezione contro il carcinoma ovarico, probabilmente a causa della riduzione del numero di ovulazioni.

Alcuni studi hanno associato un rischio maggiore di tumore ovarico a menarca precoce, menopausa tardiva e endometriosi. Tuttavia, l’assunzione prolungata della pillola anticoncezionale è stata collegata a un rischio inferiore.

L’età è un fattore di rischio significativo, con la maggior parte dei casi diagnosticati tra i 50 ei 69 anni.

Un piccolo ma significativo numero di casi di tumore ovarico è dovuto a mutazioni genetiche ereditarie, come quelle nei geni BRCA1 e BRCA2. In queste situazioni, la malattia può manifestarsi in età più giovane. La sorveglianza periodica è fondamentale per coloro con queste mutazioni.

La gravidanza multipla, l’allattamento al seno e l’uso prolungato di contraccettivi orali possono ridurre il rischio di tumore ovarico.

D’altra parte, l’esposizione a sostanze cancerogene come l’amianto e le radiazioni ionizzanti può aumentare il rischio di sviluppare il carcinoma ovarico e altri tipi di tumori ginecologici.

Tumore alle ovaie ed esposizione all’amianto: una malattia asbesto correlata

La ricerca condotta dall’IARC ha stabilito che l’amianto è un agente cancerogeno che può causare il cancro ovarico. Questa conclusione si basa sulle prove sufficienti che dimostrano la carcinogenicità di tutte le forme di amianto (chrysotile, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite e anthophyllite). Qui potete sfogliare la monografia IARC sull’amianto.

Sin dal 1982, diversi studi hanno evidenziato il legame tra l’esposizione all’amianto, e in parte al talco, e l’insorgenza del cancro ovarico. Si è notato un aumento dei casi di tumori ovarici nelle donne che hanno lavorato nei settori tessili, nella produzione di cemento e nell’industria tipografica.

Il cancro ovarico associato all’esposizione a sostanze cancerogene non è limitato alle persone che hanno avuto un contatto diretto e consapevole con l’amianto o altre sostanze nocive sul luogo di lavoro. Può verificarsi anche in situazioni di esposizione ambientale o professionale inconsapevole, dove le persone sono state coinvolte in attività lavorative non esplicitamente legate alla presenza di amianto o altri agenti cancerogeni.

L’Avvocato Bonanni, nel suo libro “Il libro bianco delle morti da amianto in Italia – Edizione 2022”, ha denunciato la diffusione di materiali contenenti amianto in molte aree residenziali e lavorative. Qui potete sfogliare il Libro bianco delle morti di amianto in Italia.

Altri studi scientifici sull’incidenza del tumore ovarico e amianto

Gli studi hanno esaminato l’associazione tra esposizione all’amianto e carcinoma ovarico in 13 popolazioni, dieci con esposizione professionale all’amianto e tre con esposizione in comunità o residenziale.

Per esempio Acheson (1982) ha esaminato nel Regno Unito due gruppi di donne impiegate in fabbriche separate per la produzione di maschere antigas contenenti amianto prima e durante la Seconda guerra mondiale. Una fabbrica aveva usato l’amianto crocidolite e l’altra aveva usato il crisotilo. Tra le 757 donne nello stabilimento che utilizzava la crocidolite, sono state osservate 12 morti per cancro alle ovaie. Invece tra le 570 donne nello stabilimento che utilizzavano l’amianto crisotilo sono stati osservati cinque decessi per carcinoma ovarico.

Ha esaminato la mortalità per cancro ovarico in 616 donne lavoratrici in Germania, che erano state professionalmente esposte all’amianto, Rösler (1994). Un totale del 95% dell’amianto utilizzato in Germania in quel momento era crisotilo, ma gli autori affermano che “non si può escludere la mescolanza di crocidolite, in particolare nella produzione di tessuti di amianto“. Sono stati osservati due decessi per carcinoma ovarico contro 1,8 previsti statisticamente.

Altri studi che hanno analizzato il legame tra l’esposizione all’amianto e il cancro ovarico includono quelli condotti da Ferrante (2007). Questo studio ha esaminato il tasso di mortalità per cancro in una coorte di familiari di lavoratori impiegati nella fabbrica di cemento-amianto a Casale Monferrato, in Italia. L’esposizione coinvolgeva una combinazione di crocidolite e crisotilo. Tra le donne esposte all’amianto in ambito domestico, sono stati registrati undici casi di decesso per carcinoma ovarico.

Reid (2008) ha indagato anche sull’esposizione ambientale. Lo studio ha coinvolto 2552 donne e ragazze residenti nella città mineraria di amianto crocidolite di Wittenoom, nell’Australia occidentale, nel periodo 1943-1992, che non erano coinvolte direttamente nell’estrazione o nella lavorazione dell’amianto. Nove casi di decesso per carcinoma ovarico sono stati osservati in questo gruppo.

D’altra parte, Pukkala (2009) ha studiato l’incidenza del cancro ovarico tra le donne impiegate in diverse categorie professionali nei Paesi nordici (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia). Questo studio ha incluso anche gli idraulici, un gruppo notoriamente esposto all’amianto sul luogo di lavoro. Nel gruppo delle donne idrauliche, sono stati registrati quattro casi di tumore ovarico.

Prestazioni INAIL e riconoscimento della malattia professionale

Per poter attivare il percorso di assistenza legale occorre, innanzitutto, ricostruire la storia lavorativa, e reperire tutta la documentazione necessaria:

  • libretto di lavoro;
  • copia delle buste paga;
  • eventuali fotografie attestanti le attività di lavoro all’interno dei siti contaminati;
  • acquisire dalla ASL i piani di lavoro di rimozione amianto e le relazioni di cui all’art. 9, L. 257/92;
  • acquisire copia del documento di valutazione del rischio;
  • documenti attestanti la presenza di amianto nel sito lavorativo.

Per potersi sottoporre alla visita medica è necessaria anche la documentazione medica:

  • esami tecnico strumentali;
  • certificazioni mediche;
  • cartelle cliniche.

Prima certificazione di malattia professionale

Il medico del lavoro o il medico curante sottopone a visita medica la paziente, effettuando anche l’anamnesi, cioè la verifica delle sue mansioni e della sua attività lavorativa.

Il sanitario redige, quindi, la certificazione medica di malattia professionale sul modello 5ss bis predisposto da INAIL. Il medico curante o il sanitario che ha redatto la certificazione deve provvedere alla trasmissione dello stesso con modalità telematica all’istituto previdenziale.

L’INAIL istruisce la pratica, chiedendo preventivamente il parere alla CON.T.A.R.P. (Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione centrale), la quale ha la funzione specifica di redigere una relazione sulla condizione lavorativa o sui rischi presenti nell’ambiente lavorativo.

Riconoscimento delle prestazioni INAIL petr la vittima

Nel caso specifico, poiché il tumore delle ovaie è eziologicamente connesso all’amianto, per tali ragioni, ove la CON.T.A.R.P. confermi la presenza dell’agente eziologico, anche a titolo di esposizione solamente ambientale (Cass. Sez. Lav. n. 23653/2016), deve essere riconosciuta l’origine professionale della tecnopatia.

Il tumore all’ovaio viene inserito dall’INAIL nella LISTA I (Gruppo 6, Codice I 6.03) delle malattie professionali e, in quanto tale, immediatamente riconosciuto il nesso tra patologia ed esposizione ad amianto.

Agenti Causali (D.M.09/04/2008 e 10/06/2014)Riferimenti e lavorazioni D.M. 09/04/2008Periodo Max. Ind.  Lista  Codice
Asbeston.pIllimitatoLISTA II.6.03
Radiazioni Ionizzantin.pIllimitatoLISTA IIII.6.40

Quindi la vittima del tumore delle ovaie deve ottenere le prestazioni INAIL all’esito della visita medico legale:

  • rendita INAIL, nel caso di riconoscimento di patologia a partire dal 16% di grado d’invalidità;
  • indennizzo INAIL, nel caso in cui fosse riconosciuta una lesione dal 6% al 15%.
  • Fondo Vittime Amianto, prestazione aggiuntiva alla rendita INAIL. Recentemente tale prestazione è riconosciuta anche a coloro che sono vittime ambientali.

Il Fondo Vittime Amianto (FVA), istituito con l’art. 1 commi 241/246 L. 244/2007, è un indennizzo che si aggiunge alla rendita INAIL per coloro che sono vittime di patologie asbesto correlate, indennizzate come malattie professionali (Circolare INAIL n. 25 del 27 settembre 2021).

Tumore delle ovaie: tutela in caso di rigetto

Il procedimento amministrativo può essere definito con l’accoglimento e, in questo caso, come già sopra evidenziato, è erogato l’indennizzo, nella misura della rendita con inabilità dal 16% o indennizzato il solo danno biologico nel caso di menomazione riconosciuta con grado percentuale dal 6 al 15%.

Nel caso in cui venga emesso un provvedimento di rigetto, è possibile procedere con un ricorso amministrativo ai sensi dell’art. 104 del D.P.R. n. 1124/65, con richiesta di “riesame” del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche nel caso in cui vi sia un’evidente sottovalutazione dell’effettivo danno biologico in relazione al grado dell’infermità causata dalla malattia professionale.

Richiesta di visita collegiale INAIL

L’Avv. Ezio Bonanni ha avviato una particolare strategia di tutela delle vittime dell’amianto e di altri agenti cancerogeni presenti negli ambienti lavorativi.

Nella procedura INAIL si inserisce il particolare corredo probatorio, sia di natura tecnica, per dimostrare il rischio, che medico legale, attraverso il pool di sanitari esperti, in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale Amianto.

Successivamente al ricorso ex art. 104 del D.P.R. 1124/65, l’INAIL fissa una sessione di visita collegiale, alla quale può partecipare il medico legale di fiducia della vittima, in contraddittorio con i sanitari INAIL, al fine di riesaminare l’intero carteggio, sia sotto l’aspetto tecnico e medico legale nel caso di rigetto, sia dal punto di vista solo medico legale, nel caso in cui ci sia una sottovalutazione della lesione riportata come conseguenza della malattia professionale.

Il provvedimento INAIL dopo la collegiale medica

A seguito della collegiale medica e, quindi, del riesame della pratica, l’INAIL emetterà un provvedimento definitivo dal punto di vista amministrativo. Potrà accogliere la domanda e, quindi, riconoscere la malattia professionale, oppure rigettarla definitivamente.

A seguito del secondo provvedimento dell’INAIL, che è definitivo, con cui si conclude il procedimento amministrativo, l’avente diritto può desistere oppure invocare la tutela giurisdizionale dei diritti.

Ricorso al Giudice del Lavoro contro l’INAIL

All’esito del provvedimento definitivo, sia esso di accoglimento parziale che di rigetto, la lavoratrice vittima o, in caso di decesso, i familiari superstiti (coniuge e figli minorenni o studenti fino ai 26 anni se universitari e 21 anni, in caso di scuola media superiore, e figli disabili), possono agire con ricorso ex art. 442 c.p.c. presso il Giudice del Lavoro.

Il Giudice ammetterà le prove, tra cui quella testimoniale e la consulenza tecnica, per dimostrare la condizione di rischio e la presenza dell’agente eziologico nel sito, insieme all’esposizione diretta e indiretta, e quella medico legale per confermare il nesso causale e quantificare il grado invalidante.

In caso di rigetto oppure di accoglimento solo parziale, la sentenza potrà essere impugnata innanzi la Corte d’Appello competente.

Benefici contributivi ex art. 13 per le vittime

In caso di riconoscimento della malattia professionale asbesto correlata per esposizione all’amianto, al di là del grado invalidante, la vittima ha diritto a ottenere dall’INAIL la certificazione di esposizione professionale ad amianto ex art. 13, co. 7, L. 257/92.

Quindi, può depositare, presso l’INPS territorialmente competente, la domanda di accredito dei benefici contributivi per esposizione ad amianto. I benefici contributivi per esposizione ad amianto sono degli indennizzi (Cass. Sez. Lav., n. 25000/2014). L’accredito di tali maggiorazioni contributive si giustifica per la lesività delle fibre di amianto e per il ritardo con cui lo Stato Italiano ha recepito la direttiva n. 477/83/CEE.

Domanda amministrativa all’INPS per maggiorazioni amianto

L’avente diritto, forte del certificato di esposizione professionale ad amianto rilasciato dall’INAIL, per poter ottenere la ricostituzione della posizione previdenziale e contributiva, deve proporre la domanda amministrativa all’INPS, corredata dalla certificazione INAIL ai sensi dell’art. 13, co. 7, L. 257/92 e della documentazione lavorativa.

Nel caso in cui l’INAIL non avesse rilasciato la certificazione di esposizione, seppur dovuta, l’avente diritto può agire, comunque, nei confronti dell’INPS (unico legittimato passivo), e chiedere la sua condanna all’accredito delle maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto con la moltiplicazione dell’intero periodo di esposizione con il coefficiente 1,5.

L’accredito della maggiorazione contributiva è valido per coloro che fossero ancora in attività, per ottenere, quindi, il prepensionamento, pari al 50% del periodo di esposizione. Coloro che sono già pensionati, per effetto della rivalutazione con il coefficiente 1,5, hanno diritto alla riliquidazione con un ricalcolo del rateo pensionistico, così adeguato e con la liquidazione delle differenze sui ratei medio tempore maturati.

Non è richiesta una soglia minima di esposizione, né il periodo ultradecennale, diversamente rispetto ai benefici amianto, ex art. 13, co. 8, L. 257/92.

Ricorso al Giudice del Lavoro per la condanna dell’INPS

Nel caso in cui l’INPS rigetti la domanda amministrativa, anche con silenzio rigetto (che si matura dopo 120 giorni dal deposito della domanda amministrativa), l’avente diritto deve ricorrere al Comitato Provinciale INPS, ai sensi dell’art. 443 c.p.c.

Nel caso in cui anche il ricorso al Comitato Provinciale sia rigettato formalmente o per silenzio rigetto, si potrà ricorrere al Giudice del Lavoro per ottenere la condanna dell’INPS all’accredito delle maggiorazioni contributive (ai sensi dell’art. 442 c.p.c.).

Per il ricorso giudiziario sono necessari:

  • documenti lavorativi relativi ai siti con amianto;
  • buste paga, libretto di lavoro, etc.;
  • prove documentali sulla presenza di amianto;
  • eventuali foto e dichiarazioni di colleghi di lavoro;
  • tutta la documentazione medica legata alla malattia;
  • documentazione INAIL di riconoscimento della malattia professionale;
  • ulteriori atti e documenti;
  • eventuale certificazione INAIL di esposizione ad amianto ex art. 13, co. 7, L. 257/92;
  • eventuali testimoni in grado di riferire sull’ambiente di lavoro e sulle condizioni di rischio.

La pensione di inabilità INPS per le lavoratrici malate

Il diritto alla pensione di inabilità INPS per i lavoratori affetti da malattia professionale correlata all’amianto è stato oggetto di modifiche legislative nel corso degli anni. Inizialmente, con l’approvazione dell’art. 1, co. 250, L. 232/2016, promosso dall’Avv. Ezio Bonanni, i lavoratori afflitti da asbestosi, tumore al polmone e mesotelioma hanno ottenuto il diritto alla pensione immediata.

Tale disposizione è stata successivamente estesa e ampliata con il Decreto L. 34 del 2019, convertito nella legge 58 del 2019, che ha introdotto ulteriori malattie asbesto-correlate idonee per l’accesso alla pensione anticipata.

Le linee guida per richiedere la pensione immediata sono state dettate dall’INPS tramite la Circolare INPS n. 34 del 09.03.2020. Tuttavia, è importante notare che questa pensione non è cumulabile con l’indennizzo erogato dall’INAIL. Pertanto, può essere considerata solo nel caso in cui gli anni mancanti per il raggiungimento della pensione normale siano significativi.

Per i lavoratori delle Forze Armate e del Comparto Sicurezza esposti all’amianto e colpiti da tumore ovarico, è previsto il riconoscimento della causa del servizio secondo l’art. 20 della Legge 183/2010, ottenendo così le prestazioni per vittime del dovere.

Risarcimento integrale dei danni alle vittime e ai familiari

Coloro ai quali l’INAIL riconosce l’origine professionale del tumore ovarico possono agire per il completo risarcimento dei danni nei confronti del datore di lavoro. Questo comprende non solo il danno biologico, ma anche i danni morali ed esistenziali subiti. Gli eredi della vittima hanno diritto alla liquidazione dei danni maturati dalla defunta, compresi i danni propriamente subiti e i danni emotivi causati dalla sua perdita.