Cantanti, attori e molti altri vip che nel corso della loro vita hanno lavorato in settori in cui si utilizzava l’amianto, hanno perso la vita a causa di questa tragica esposizione.
Ricordiamo queste celebrità, consapevoli del fatto che il pericolo dell’amianto è come la “livella” di cui parlava Totò: un killer silente che non guarda in faccia nessuno.
Contents
- 1 Vip: la loro morte ha aumentato la consapevolezza sui rischi amianto
- 1.1 Ed Lauter, uno dei tanti vip asfaltati dall’amianto
- 1.2 Vittime involontarie: la storia di Paul Gleason
- 1.3 Gloria e ombra: l’elenco dei vip continua con Merlin Olsen
- 1.4 Sean Sasser: altra vita sacrificate sull’altare dell’amianto
- 1.5 La sinfonia spezzata di Joe Sample
- 1.6 Steve McQueen: la battaglia persa del “Re del Cool”
- 1.7 Stephen Jay Gould: il vip della Natura
- 1.8 Paul Rudolph: la triste morte di un architetto
- 1.9 “Malcolm McLaren: il vip del Punk
- 1.10 Warren Zevon: morte di un “guerriero del Rock”
- 1.11 Christie Hennessy : il vip del folk irlandese
- 1.12 Elmo Zumwalt: ufficiale e gentiluomo
- 1.13 La storia di Hamilton Jordan: dal Vietnam alla Casa Bianca
- 1.14 Terry McCann: un campione sconfitto dall’amianto
- 1.15 Lincoln Hall; il conquistatore dell’Everest
- 1.16 Ernest Bridge il vip della politica e del country australiano
- 1.17 Domma Summer: una stella spenta dal mesotelioma
- 1.18 Ona: l’amianto come la “livella”
Vip: la loro morte ha aumentato la consapevolezza sui rischi amianto
Vip e mesotelioma. Nel cuore della brillante luce dei riflettori, esiste un nemico invisibile che ha segnato le vite di illustri personaggi. Il suo nome è “mesotelioma”, una forma di cancro causato dall’esposizione all’amianto. Fortunatamente, il suo uso è stato vietato nella maggior parte dei settori alla fine del XX secolo. Tuttavia, prima che gli effetti nefasti del minerale fossero noti, questa pericolosa fibra era diffusa in diverse industrie, compresi edilizia, produzione, forze armate e persino a Holliwood. Cosa che ha portato a un aumento dei casi di mesotelioma tra coloro che erano stati esposti all’amianto prima del divieto. Fatta questa premessa, è interessante notare come la consapevolezza sui pericoli della “livella invisibile” sia cresciuta parallelamente alle notizie di celebrità e personaggi famosi colpiti dalla terribile malattia. A seguire l’elenco delle vittime “eccellenti”.
Ed Lauter, uno dei tanti vip asfaltati dall’amianto
Una carriera durata quasi mezzo secolo, con oltre 200 apparizioni sul grande e piccolo schermo, Ed Lauter è stata un’icona di Hollywood. Dall’interpretazione memorabile del capitano Wilhelm Knauer in “The Longest yard” del 1974, al ruggente successo del remake nel 2005, da “Death wish 3″ a “Trouble with the curve“, fino a “The artist” e “Family plot”, l’ultimo capolavoro di Hitchcock, Lauter ha condiviso il palcoscenico con leggende come Burt Reynolds, Jim Carrey e Liam Neeson.
Nel maggio del 2013, l’eco sinistra dell’amianto ha squarciato la trama della sua vita. All’età di 74 anni, la diagnosi di mesotelioma pleurico ha gettato infatti un’ombra su un progetto cinematografico ancora in corso. Meno di sei mesi dopo, la luminosa stella di Lauter si è spenta.
A differenza di colleghi come Paul Gleason e Steve McQueen, la sua esposizione non risale ai giorni pre-Hollywood, ma alla sua stessa arte. Cosa che ha spinto la vedova Mia Lauter, ad alzare la voce contro giganti come GE, Ford e CBS. La donna ha da sempre sotenuto infatti che il decesso fosse dovuto alla presenza della fibra nei set cinematografici.
Vittime involontarie: la storia di Paul Gleason
Altra vittima eccellente del mesotelioma è Paul Gleason, l’uomo che ha dato vita al severo insegnante di “The Breakfast Club“, un film che ha toccato le corde più intime dell’adolescenza. Ma la sua carriera, lunga 50 anni, è un palcoscenico che va ben oltre quel ruolo iconico. Con più di 145 apparizioni al cinema e in numerose serie-tv, Gleason ha affrontato personaggi di ogni genere. Da “Die hard” a “Trading places“, da “Friends” a “Seinfeld”, l’attore ha mostrato sin da subito di possedere un talento sfaccettato e sorprendente.
A differenza della prima storia, l’attore fu esposto all’amianto durante l’adolescenza trascorsa nei cantieri edili al fianco del padre. Per lui, la triste diagnosi di mesotelioma pleurico arrivò nel 2006. Una condanna senza appello: un mese di lotta coraggiosa, e la stella di Paul si spense. Oggi, il ricordo di Paul Gleason risplende come un faro. Le sue parole incise nella memoria collettiva, le sue interpretazioni indelebili restano vive nei cuori degli spettatori. La sua storia è insomma una tragica reminiscenza di come l’innocenza di un’età passata possa diventare la fonte di una sofferenza immensa.
Gloria e ombra: l’elenco dei vip continua con Merlin Olsen
Merlin Olsen, un gigante che ha calcato i campi di football e i set televisivi, era una delle icone più brillanti di Los Angeles. Con ben 14 selezioni consecutive al Pro Bowl nella NFL e una carriera quindicennale con i Los Angeles Rams, Olsen ha scritto intere pagine di storia nel mondo dello sport. Ma il destino aveva riservato per lui un destino crudele. Olsen aveva conosciuto il mondo dei cantieri edili durante l’adolescenza. Qui, tra il martellare delle costruzioni, si era consumata la tragica esposizione all’amianto. Nel 2009, arrivò la diagnosi di mesotelioma e nel giro di un anno Olsen si è spento, a soli 69 anni. Ma la sua storia non finisce qui. Dopo la sua morte, la sua famiglia ha dato via a una lunga battaglia contro le colossali industrie che avevano tessuto la tela mortale, trascinando ben dieci aziende in tribunale.
Sean Sasser: altra vita sacrificate sull’altare dell’amianto
Nel cuore di una battaglia che ha toccato i confini dell’attivismo e dell’umanità, si staglia la figura di Sean Sasser, un uomo il cui impegno e la cui passione hanno segnato un’era. Conosciuto per la sua partecipazione al celebre reality “The real world: San Francisco”, Sasser ha incanalato la sua visibilità in una crociata per la comunità LGBT e nella lotta contro l’HIV. Nel 1994, il destino gli riservò un doppio colpo. Diagnosi di HIV e mesotelioma, una sentenza che solo due mesi dopo avrebbe portato via la sua giovane vita. Nonostante le avvertisà, Sasser portò la sua voce alla Casa Bianca, diventando un faro per quanti cercavano un cambiamento. La sua relazione con Pedro Zamora, anch’esso una vittima di HIV, è divenuta oggi un simbolo di forza e resilienza. Insieme, hanno sfidato i pregiudizi e hanno dato voce a quanti non ne avevano. Dopo la morte di Zamora, Sasser ha continuato a lottare per la causa che gli stava a cuore, portando avanti la sua crociata contro l’AIDS fino alla sua morte, avvenuta nel 2013..
La Casa Bianca ha riconosciuto il suo valore, nominandolo nel Consiglio consultivo presidenziale sull’HIV/AIDS.
La sinfonia spezzata di Joe Sample
Nato per la musica, il pianista e compositore statunitense ha sfiorato le tastiere sin dai primi anni di vita, iniziando a suonare all’eta di cinque anni. Una passione che si era trasformata in una carriera illustre, definendo il suo destino come un musicista di talento straordinario. Le sue note hanno toccato le corde dell’anima di chiunque abbia avuto il privilegio di ascoltarle. Nel cuore di Houston, ha scritto la sua storia, fondando i Crusaders, una band bebop che ha sfidato i limiti del jazz, mescolandolo con l’anima del blues e del soul. Insieme, hanno creato armonie che hanno attraversato generazioni, lasciando un’impronta indelebile nella storia della musica. Il gruppo aveva persino collaborato con icone del calibro di Miles Davis, George Benson, B.B. King, Eric Clapton, intrecciando le armonie degli Steely Dan e abbracciando la voce indimenticabile delle Supremes. Anche nel suo caso, il mesotelioma non ha lasciato scampo, falciandolo nel 2014, all’età di 75 anni.
Come Joe Sample abbia contratto il mesotelioma, è ancora un mistero. Certo è che, anche nell’oscurità della malattia, il musicista non ha mai smesso di suonare. E così, con le dita affusolate che carezzavano le tastiere, Sample diede voce al suo spirito indomito, sfidando la malattia fino all’ultimo respiro.
Steve McQueen: la battaglia persa del “Re del Cool”
Nel frastuono di Hollywood, Steve McQueen brillava come una stella indomita, un’icona senza tempo. Fin dai suoi primi passi nel mondo del cinema, la sua presenza magnetica ha catturato gli spettatori, trasportandoli in mondi di avventura e azione.
Da giovane, McQueen respirava l’aria carica di amianto nei cantieri edili. Poi, con la stessa determinazione che lo avrebbe reso famoso, si arruolò nei Marines, dove svolse l’arduo compito di sbarazzarsi dell’amianto che avvolgeva le navi militari. I suoi film, da “La grande fuga” a “Bullitt” e “Papillon“, sono diventati pietre miliari del cinema. Ma dietro la maschera dell’eroe d’azione c’era un uomo che lottava contro un nemico invisibile: il mesotelioma, un crudele dono dell’amianto che lo aveva segnato anni prima. Nel 1979, la diagnosi implacabile si abbatté come un fulmine a ciel sereno. Steve McQueen, l’uomo che sembrava invincibile sullo schermo, si trovò a combattere la sua ultima e più grande sfida. In Messico, alla ricerca di una speranza, si sottopose a cure sperimentali, cercando di sconfiggere un avversario che non conosceva pietà. Nel silenzio di una sala operatoria, il cuore del Re del Cool si fermò, portandolo via con sé. Il mondo perse un’icona, ma la sua leggenda vive ancora, incisa nei fotogrammi dei suoi film e nel ricordo di coloro che ammiravano l’uomo dietro il mito.
Stephen Jay Gould: il vip della Natura
Nel vasto teatro della Natura, il biologo, zoologo, paleontologo e storico delle scienze Stephen Jay Gould era un virtuoso, un compositore di teorie che danzavano tra le rocce e i fossili. La sua mente brillante disegnava quadri di evoluzione, rivelando i segreti delle antiche creature che popolavano la Terra. Le sue parole risuonavano come una sinfonia di saggezza nelle aule della Biblioteca del Congresso, un luogo in cui le idee prendevano vita. Talk show e documentari si inchinavano al suo sapere, mentre persino i Simpson lo portavano sullo schermo, rendendo omaggio a un uomo che aveva sfidato i confini della conoscenza. Gould affascinava il mondo con le sue teorie.
Poi, come un’eco lontana, arrivò la diagnosi. Il mesotelioma, un nemico oscuro che aveva già reclamato tante vite, aveva sfidato anche l’uomo che aveva svelato i misteri della vita sulla Terra. Ma Gould non si arrese. Scrisse persino un’ode alla resilienza, un saggio intitolato “La mediana è il messaggio”, in cui raccontava la sua lotta, il suo viaggio tra speranze e timori. Venti anni di sfida, di speranza, di vita.
Gould intendeva dimostrare che la determinazione poteva sfidare anche le previsioni più cupe. Ma alla fine, un altro nemico, un cancro ai polmoni sconosciuto e implacabile, determinò il suo destino, stroncandolo inesorabilmente nel 2002.
Paul Rudolph: la triste morte di un architetto
Nel mondo dell’architettura, Rudolph era un maestro del linguaggio geometrico e modernista. Le sue creazioni erano come poemi scritti in calcestruzzo e acciaio, ognuna una sinfonia di linee e proporzioni che si alternavano tra luce e ombra. A Yale, il suo nome era legato all’Art and Architecture Building, un monumento al matrimonio tra forma e funzione. Ogni edificio portava l’impronta indelebile del suo genio creativo: case che sembravano sfidare la legge di gravità a Sarasota e il Lippo Center a Hong Kong, che sorgeva imponente come un gigante di vetro e acciaio. Ma dietro a queste opere d’arte architettoniche si nascondeva una tragica storia. Paul Rudolph, un uomo che aveva plasmato spazi come fossero sue estensioni, era stato segnato dall’oscura presenza del mesotelioma peritoneale. Una diagnosi crudele che aveva gettato un’ombra sulle sue creazioni luminose. Nella sua giovinezza, Paul Rudolph aveva servito nella Marina, senza sospettare che quel servizio lo avrebbe esposto all’insidiosa minaccia dell’amianto. Ma il destino, spesso capriccioso, aveva deciso diversamente. E così, l’architetto che aveva plasmato il futuro con le sue mani, si trovò a lottare per il proprio. Nel 1997, l’ultima pagina del suo libro di progetti si chiuse. Il mesotelioma peritoneale aveva reclamato un altro talento, portando via un uomo che aveva dedicato la sua vita a trasformare spazi in esperienze. L’eredità di Paul Rudolph vive ancora nei solchi di cemento e nelle trame di acciaio da lui plasmate. Ogni angolo di luce e ombra, ogni linea e forma, porta l’impronta del suo spirito creativo. E mentre il tempo passa, le sue creazioni restano come testimonianza di un uomo che ha dato vita a visioni, anche quando la sua stessa vita era minacciata.
“Malcolm McLaren: il vip del Punk
Nel turbine della Londra degli anni ’70, Malcolm McLaren non era solo un musicista, ma un visionario, uno stratega, un pioniere della provocazione. Con audacia e genio, ha scosso le fondamenta della cultura popolare, lanciando il movimento punk in un’esplosione di ribellione sonora e estetica iconoclasta. Dalle vetrine della sua boutique, SEX, ha plasmato l’immagine di una generazione. Gli angoli bui di quel negozio nascondevano la nascita dei Sex Pistols, un fulmine di anarchia e trasgressione. I membri della band non erano solo musicisti, ma soldati di un esercito stilistico, guidati dallo sguardo acuto di McLaren. La “God Save the Queen” dei Pistols suonò come una dichiarazione di guerra, eseguita su una barca nel cuore del Giubileo d’argento della Regina Elisabetta II. Quella performance fu un atto di sfida, un urlo di liberazione che fece tremare le fondamenta dell’establishment. Ma dietro il clamore e la ribellione, si celava una tragica armonia. Nel 2009, la vita di McLaren fu scossa da una sinistra melodia: il mesotelioma peritoneale. L’artista che aveva fatto della provocazione una forma d’arte si trovò ora a lottare per la sua stessa vita. Si dice che l’esposizione all’amianto, causata dall’apertura del soffitto di SEX per creare un’atmosfera di distruzione, avesse spigionato nell’aria il pericoloso patogeno. Così. nel 2010, il palcoscenico del mondo perse uno dei suoi più grandi compositor
Warren Zevon: morte di un “guerriero del Rock”
Le note taglienti di Warren Zevon risuonano ancora nell’etere, incise nell’immortalità del rock. “Werewolves of London“, un’ode oscura e indimenticabile, è solo uno dei capolavori di questo cantautore dalla penna affilata. Poi la tragedia! Nel 2002, la diagnosi di mesotelioma fece irruzione nella vita di Zevon come un tuono nel cielo sereno. La malattia aveva invaso il suo fegato, divorando i suoi polmoni. A Warren rimaneva un’ultima sinfonia da comporre. Nel folle scontro con la morte, Zevon scelse di non piegarsi alla resa. La sua ribellione si trasformò in una testimonianza, una dichiarazione di forza e passione. Rifiutando le cure, perseguì un’ultima armonia, un’opera finale che avrebbe reso immortale il suo nome. Quell’album, “The wind“, era il suo inno d’addio e promesse. Nel cuore della notte, sul palco di The Late Show, Zevon si esibì per l’ultima volta. La sua voce graffiante trasmetteva l’urgenza di vivere, di cogliere ogni attimo come se fosse l’ultimo. “Godetevi ogni panino“, sussurrò: un consiglio carico di saggezza e tenerezza. Poi la morte, avvenuta nel 2003. Oggi, il figlio Jordan porta avanti la sua eredità, combattendo per mettere fine all’amianto e al mesotelioma, cercando di cambiare il destino di coloro che, come il padre, sono stati toccati da questa tragedia.
Christie Hennessy : il vip del folk irlandese
Christie Hennessy, era noto nel panorama folk irlandese per le sue canzoni “All the lies that you told me”, “Roll back the clouds” e “Don’t forget Your shovel“. Al cantante fu diagnosticato un mesotelioma pleurico nel maggio 2007. E’ morto all’età di 62 anni, appena 7 mesi dopo. L’esposizione di Hennessy all’amianto, fu il tragico risultato di decenni di lavoro come decoratore e pittore a Londra, inclusa la lucidatura delle coperture dei tubi di amianto prima della verniciatura.
Oggi, le note di Christie continuano a risuonare nei cuori di coloro che amano la sua musica, una testimonianza indelebile della sua passione e talento. Ma la sua storia ci ricorda anche la fragilità della vita umana e l’importanza di proteggere coloro che lavorano nelle costruzioni, affinché non debbano mai incontrare il destino amaro che ha segnato l’ultimo atto di questo grande artista.
Elmo Zumwalt: ufficiale e gentiluomo
Nella storia di Elmo Zumwalt, la maestosità delle sue gesta militari si mescola a una tragica e ineludibile ironia del destino. Fu un guerriero valoroso, un uomo la cui vita fu scolpita nelle acque tumultuose del Vietnam, dove l’ardore del suo spirito illuminò le tenebre della guerra. Quando Zumwalt salì al vertice della piramide militare, divenne il timoniere di una flotta maestosa, un condottiero di uomini e navi che solcavano gli oceani con orgoglio patriottico. Ma sotto l’aspetto imponente delle sue navi, l’ombra dell’amianto si annidava, un nemico subdolo e invisibile. Le navi che avevano portato Zumwalt alla gloria erano infatti piene di amianto. Nel luglio del 1999, la diagnosi: il mesotelioma aveva fatto il suo reclamo, una sentenza irrevocabile! Elmo Zumwalt, l’eroe della nazione, morì l 2 gennaio 2000, lasciando dietro di sé un’eredità di coraggio e sacrificio.
La storia di Hamilton Jordan: dal Vietnam alla Casa Bianca
Nella storia di Hamilton Jordan, il palcoscenico fu la Casa Bianca. Jordan era un uomo di potere, un architetto di soluzioni politiche che hanno plasmato il corso della storia. La crisi degli ostaggi iraniani del 1979 fu la sua arena, un teatro di tensione e diplomazia senza precedenti. Ma dietro le quinte, un nemico silenzioso lo aspettava. L’amianto, un assassino invisibile, aveva tessuto la sua rete mortale nei giorni in cui Jordan prestava servizio in Vietnam. L’aria era impregnata di polveri sottili. Il 20 maggio 2008, Hamilton Jordan, l’uomo che aveva danzato con il destino nella Sala Ovale, fu portato via dal mesotelioma peritoneale. Le stanze del potere e i corridoi del potere non riuscirono a proteggerlo dalla sentenza implacabile di un assassino invisibile.
Terry McCann: un campione sconfitto dall’amianto
E ora passiamo alla storia di Terry McCann, un campione olimpico, un uomo che ha sconfitto avversari sul tatami, dimostrando la sua forza e abilità. Anche lui, come Jordan, fu vittima di un nemico subdolo. Mentre si allenava per le Olimpiadi, aveva lavorato in una raffineria di petrolio. Là, nell’aria impregnata di amianto, aveva respirato il veleno che avrebbe segnato la sua fine. Nella primavera del 2005, anche per lui arrivò il terribile verdetto: mesotelioma pleurico. Terry McCann, l’atleta indomito, ha combattuto la sua ultima battaglia fino al 2006, quando si è spento,
Lincoln Hall; il conquistatore dell’Everest
La vita di Lincoln Hall è stata una saga di coraggio e conquiste. Sfidando le cime più alte del mondo, come il Monte Everest nel 1984, scrisse una pagina indelebile nella storia dell’alpinismo australiano. Vi ritornò nel 2006, con la solita incrollabile tenacia. Ma Lincoln non era solo un conquistatore di montagne. Era un narratore, un poeta di esperienze. Fondò la Australian Himalayan Foundation, un faro di speranza e aiuto per le comunità nelle terre alte. Le sue parole e azioni risuonarono, tanto che nel 1987 gli fu conferita la medaglia dell’Ordine dell’Australia. Per lui, il contatto con l’amianto era avvenuto nell’aria stantia di cantieri e murature, non fra le montagne. Nel 2012, all’età di 56 anni, Lincoln Hall è salito per l’ultima volta, non su una cima, ma su una leggenda immortale.
Ernest Bridge il vip della politica e del country australiano
Ernest Bridge, o Ernie, come lo chiamavano affettuosamente, era una voce potente nel mondo della politica australiana e una stella della musica country. Oltre due decadi di servizio nella legislatura dell’Australia Occidentale testimoniano il suo impegno per la sua comunità e il suo paese. Appartenente al Partito Laburista, Ernest dimostrò il suo coraggio anche quando ha scelse di seguire una strada indipendente. Poi, la malattia: mesotelioma pleurico e asbestosi, contratte nel corso dell’attività lavorativa. Nel marzo del 2013, Ernie affrontò i suoi nemici in tribunale, citando in giudizio il governo dell’Australia Occidentale e numerose altre società. Voleva giustizia, voleva che la verità emergesse dalle ombre in cui l’amianto si era nascosto. Ma il destino, inesorabile e crudele, decise diversamente. Nel silenzio del marzo seguente, Ernie lasciò questo mondo, lasciando dietro di sé un’eredità di coraggio e una lezione sul costo della verità.
Domma Summer: una stella spenta dal mesotelioma
Donna Summer, la “Regina della Disco”, ha rapito il cuore del mondo con la sua voce potente e la sua presenza scenica straordinaria. Le sue canzoni hanno incantato milioni di persone, guadagnandosi un posto immortale nella storia della musica. Ma la sua storia è anche una triste testimonianza del potere distruttivo dell’amianto. Quando le Torri Gemelle crollarono quel giorno maledetto dell’11 settembre 2001, una nuvola tossica avvolse la città, portando con sé una marea di tragedia e sofferenza. Pochi sapevano che tra quelle polveri si nascondeva un assassino silenzioso: l’amianto. È stato questo nemico invisibile a segnare la tragica fine della leggenda della disco. L’esposizione all’amianto aveva gettato un’ombra mortale sul suo destino. Donna, come molti altri, ha dovuto respirare quell’aria contaminata, ignara del male che si annidava in ogni particella. Le sue precauzioni, pur nobili, non bastarono a fermare l’inevitabile. Il cancro ai polmoni, impietoso e implacabile, la strappò alla vita il 17 Maggio 2012.
Ona: l’amianto come la “livella”
“L’amianto è come una “livella”, non guarda in faccia nessuno”– dichiara l’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA). “Trattamenti come l’immunoterapia e la chemioterapia possono prolungare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita, ma ad oggi non esiste una cura definitiva per il mesotelioma. Questa triste realtà significa che molti pazienti affetti da questa forma di cancro alla fine perdono la battaglia. L’unico vero modo per evitare il mesotelioma è prevenirlo. Le storie raccontate hanno scosso l’opinione pubblica, considerato lo spessore dei personaggi, ma la realtà è che milioni di vittime innocenti, seppur sconosciute, continuano a morire senza clamore mediatico, nell’indifferenza totale. L’ONA ha scelto di battersi per tutte le vittime, indistintamente, combattendo su punti cruciali quali la prevenzione e la sicurezza, affinché nessun altro debba conoscere la tragica melodia della fibra killer”.