Selikoff, noto ricercatore medico americano, stabilì il nesso causale tra l’inalazione di particelle di amianto e disturbi legati ai polmoni. Scopriamo le diverse patologie legate al killer silente quali: l’asbestosi, il versamento pleurico e le placche pleuriche, nonché altre condizioni tumorali gravi come il tumore del polmone e il mesotelioma pleurico maligno, una forma rara e incurabile di cancro.
Contents
- 1 Selikoff e la scoperta del nesso tra esposizione all’amianto e patologie asbesto-correlate
- 1.1 Conosciamo il nemico: mineralogia, caratteristiche e settori di impiego
- 1.2 Il Mesotelioma Maligno e il ruolo dell’amianto
- 1.3 Regolamentazione e impatto sociale
- 1.4 Novità normative: la risoluzione del Parlamento Europeo del 03.10.2023
- 1.5 Patologie Amianto-correlate: una veloce panoramica
- 1.6 Focus sull’asbestosi
- 1.7 Placche Pleuriche: Manifestazioni, Diagnosi e Implicazioni Prognostiche
- 1.8 Prognosi e implicazioni prognostiche delle placche pleuriche
- 1.9 Versamento pleurico: approfondimento
- 1.10 Atelettasia rottonda
- 1.11 Carcinoma Polmonare
- 1.12 Carcinoma bronchioloalveolare: sottotipo dell’adenocarcinoma
- 1.13 ONA: dice no all’amianto!
Selikoff e la scoperta del nesso tra esposizione all’amianto e patologie asbesto-correlate
Selikoff. Nel 1960, fu presentata la prima evidenza convincente del legame tra il mesotelioma e l’esposizione all’amianto, basata su dati provenienti da uno studio condotto su minatori sudafricani. L’amianto è anche considerato l’agente cancerogeno occupazionale più significativo per il tumore al polmone.
A seguito dei suoi studi, nel 1978 Irving Selikoff evidenziò notevoli differenze nell’effetto cancerogeno dell’amianto sulla pleura rispetto al polmone.
Ad esempio, per il mesotelioma, mancava il forte sinergismo con il fumo di sigaretta, caratteristico del carcinoma, e divenne evidente il potere patogeno di dosi che Selikoff definiva “basse, straordinariamente basse” e che non producevano alcun effetto dimostrabile sul polmone.
Ulteriori differenze emersero nei successivi anni, come il maggiore potere oncogeno degli anfiboli rispetto al serpentino per la pleura. Tuttavia, tutti i tipi di amianto risultarono ugualmente patogeni per il polmone.
La latenza estremamente lunga del mesotelioma e l’origine costante nella sola pleura parietale, con successiva estensione di tipo secondario alla viscerale, sono ulteriori elementi distintivi.
Conosciamo il nemico: mineralogia, caratteristiche e settori di impiego
L’amianto, noto anche come asbesto, è un minerale naturale di origine fibrosa derivato dalla frantumazione di rocce madri, che non necessariamente sono fibrose in natura. Le sue caratteristiche tecniche lo hanno reso un materiale prezioso in svariati ambiti industriali, pur comportando elevati rischi per la salute.
Dal punto di vista chimico, l’amianto appartiene alla classe dei silicati, con il biossido di silicio che costituisce circa il 50% della sua composizione.
Esso è suddiviso in due classi mineralogiche: la classe del serpentino, con il crisotilo come rappresentante principale, e la classe degli anfiboli. Tuttavia, in natura sono presenti molte forme di amianto che non rientrano completamente nelle definizioni di queste due categorie.
Il crisotilo, noto anche come “amianto bianco“, è composto principalmente da silicato idrato di magnesio (Mg) ed è caratterizzato da fibre circonvolute, morbide e flessibili, con lunghezza variabile fino a 7 cm e diametro compreso tra 0,75 e 1,5 μm. Le sub-unità fibrillari hanno un diametro di 0,02-0,04 μm.
Gli anfiboli, al contrario, sono silicati con un alto contenuto di ferro (Fe). Essi presentano una struttura rigida e lineare, sono estremamente fragili e hanno una forte tendenza a dividersi longitudinalmente in sub-unità fibrillari. La loro lunghezza è variabile e il diametro varia tra 1,5-4 μm, con le sub-unità fibrillari che hanno un diametro variabile tra 0,1-0,2 μm.
La distinzione tra crisotilo e anfiboli è fondametale sia dal punto di vista chimico sia morfologico. Utile precisare che gli anfiboli, sebbene meno diffusi, sono noti per avere un maggior potere cancerogeno rispetto al crisotilo, soprattutto nel caso del mesotelioma.
Il Mesotelioma Maligno e il ruolo dell’amianto
Sussiste ancora un dibattito sulla possibile causa del mesotelioma maligno, se debba attribuirsi esclusivamente alla fibra di anfibolo o se anche la fibra di crisotilo possa contribuire a tale malattia. In passato, si riteneva che l’associazione tra crisotilo e mesotelioma fosse dovuta alla contaminazione del crisotilo con la tremolite anfibola. Tuttavia, le evidenze attuali, specialmente in seguito a studi di microscopia elettronica, supportano l’opinione che il crisotilo stesso possa causare il mesotelioma, sebbene a dosi più elevate rispetto a quelle degli anfiboli. La maggiore patogenicità degli anfiboli sembra inoltre correlata alle loro proprietà aerodinamiche che consentono il raggiungimento degli alveoli, unitamente alla loro bassissima biodegradabilità.
In Italia, dal 1992 (legge 257/1992), è stata proibita l’estrazione, l’importazione e la lavorazione dell’amianto. Di conseguenza, non è stato più legittimo utilizzare l’amianto in qualsiasi settore lavorativo. Precedentemente all’entrata in vigore di questa normativa, la legge prevedeva solo la limitazione di alcuni impieghi e stabiliva determinati limiti di concentrazione delle fibre in atmosfera. Ad esempio, il massimo livello ammesso era di 0,6 fibre per centimetro cubo per il crisotilo e di 0,2 ff/cc per gli anfiboli e le miscele. Pertanto, i manufatti che contenevano amianto, soprattutto quelli di uso domestico come guanti da forno o rivestimenti di assi da stiro, dovevano già prima del 1992 indicare la presenza di amianto con l’etichetta “A”.
Tuttavia, nonostante il divieto di utilizzo dell’amianto, il pericolo non è stato completamente scongiurato. In parte, ciò è dovuto al fatto che ancora oggi alcune attività lavorative sono dedicate alla rimozione e allo smaltimento del pericoloso minerale. Inoltre, la naturale lunga latenza della correlata malattia neoplastica rappresenta un ulteriore fattore di rischio.
Fatta questa premessa, appare evidente come l’amianto rimanga un grave problema di salute pubblica, anche se misure legislative hanno contribuito a limitarne l’uso. Oltre al mesotelioma, una forma rara e incurabile di cancro causata, molte altre patologie sono correlabili all’esposizione al “killer silente”.
Novità normative: la risoluzione del Parlamento Europeo del 03.10.2023
Il 78% delle malattie professionali in Europa è causato dall’amianto. Finalmente il Parlamento Europeo ha preso atto della drammatica situazione e ha votato una nuova importante norma a tutela dei lavoratori. L’impegno istituzionale conferma il mantra dell’Osservatorio Nazionale Amianto: ‘abbassare il livello a 0,002 fibre di amianto per cm³, escluse le fibre sottili, o a 0,01 fibre di amianto per cm³, incluse le fibre sottili’.
La normativa è in linea con quanto dimostrato e da ribadito nel ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo [agosto 2008] dal Presidente ONA, Avv. Ezio Bonanni, il quale saluta positivamente l’adozione di nuove strategie atte a prevenire ogni rischio derivante dal patogeno.
” Solo in via nominale, possiamo ora richiamare la vecchia direttiva 477/83/CEE, e la prima stesura della 149/2009/CE”- sottoliena il legale.
Via libera dunque al nuovo percorso della legislazione comunitaria, dopo la risoluzione del Parlamento Europeo (ottobre 2021).
Precisiamo che l’articolo 168 TFUE protegge la salute, così come le ulteriori tutele di cui agli artt. 153 e 156 TFUE, contro gli infortuni e le malattie professionali. Anche con riferimento all’art. 191 TFUE, circa la tutela dell’ambiente, proprio la legislazione comunitaria costituisce il primo presupposto per la tutela rispetto al rischio amianto, anche se, come ribadito, la maggior parte dei casi è imputabile dovuta all’esposizione lavorativa.
Secondo ISS, Iastituto Superiore di Sanità, l’esposizione ambientale è resposanile solo per una frazione dal 5 al 20% dei casi di mesotelioma.
Patologie Amianto-correlate: una veloce panoramica
Dal ventesimo secolo in poi, l’esposizione all’amianto è stata associata a una serie di malattie, attestando un impatto significativo sulla salute umana. Le seguenti patologie sono state inequivocabilmente riconosciute come dirette conseguenze dell’esposizione all’amianto:
- Asbestosi: una forma di fibrosi polmonare diffusa, caratterizzata da cambiamenti strutturali irreversibili nell’interstizio polmonare. Questa condizione può insorgere indipendentemente da altre patologie correlate all’amianto ed è spesso un precursore delle manifestazioni tumorali, costituendo un fattore di rischio significativo;
- Placche ed ispessimenti pleurici: sono alterazioni morfologiche delle pleure, manifestazioni tipiche dell’esposizione all’amianto. Sebbene possano comparire isolatamente, spesso si associano ad altre patologie correlate al patogeno;
- Versamenti pleurici: l’accumulo di liquido nelle cavità pleuriche è un altro esito possibile dell’esposizione all’amianto. Questa condizione, nota come versamento pleurico, può derivare da processi infiammatori e fibrosi indotti dalle fibre di asbesto;
- Atelettasia rotonda: è una complicanza respiratoria che può essere associata all’esposizione all’amianto. Questa condizione, sebbene meno comune rispetto alle altre patologie, è comunque rilevante nell’ambito delle conseguenze del minerale sull’apparato respiratorio;
- Carcinoma polmonare: l’inalazione di amianto è altresì una delle principali cause dell’insorgenza del carcinoma polmonare. Vediamo nel dettaglio le varie patologie.
Focus sull’asbestosi
L’asbestosi, una fibrosi interstiziale polmonare, è causata dall’inalazione e dall’accumulo di fibre di asbesto, con conseguente irrigidimento e perdita della funzionalità polmonare. Come intuibile, questa condizione rappresenta una diretta conseguenza dell’esposizione professionale al minerale. Ma cosa succede nel dettaglio?
Eziopatogenesi dell’asbestosi
Le fibre di asbesto, una volta inalate, attraversano il tratto respiratorio superiore raggiungendo gli alveoli polmonari. Qui, provocano un processo infiammatorio (alveolite), scatenando una cascata di eventi che culminano nella formazione di lesioni cicatriziali e, successivamente, nell’asbestosi. L’attivazione dei macrofagi alveolari è il punto di partenza di tali fenomeni, rilasciando sostanze ossidanti che danneggiano l’epitelio delle vie aeree e, in particolare, i pneumociti di primo tipo. L’ingresso di fattori di crescita, quali il PDGF e la fibronectina, induce la replicazione dei fibroblasti e la produzione di collagene, contribuendo alla fibrosi polmonare.
Anatomia patologica dell’asbestosi
Dal punto di vista isto-patologico, l’asbestosi può essere suddivisa in quattro gradi di fibrosi, che vanno dalla proliferazione di fibre di reticolina intorno ai bronchioli respiratori fino all’alterazione strutturale bronchiolare e alla metaplasia cuboidale dell’epitelio alveolare. L’aspetto macroscopico del polmone può presentare caratteristiche simili a un nido d’ape, con aree pseudocistiche e pareti fibrose. Microscopicamente, i corpuscoli dell’asbesto sono formati da fibre di asbesto rivestite da materiale proteico contenente ferro.
Quadro clinico dell’asbestosi
La sintomatologia comprende dispnea da sforzo, tosse secca irritativa, dolori toracici localizzati, emottisi (raramente), dita a bacchetta di tamburo, oltre a segni obiettivi quali l’aumento del fremito vocale tattile, ottusità alla percussione delle basi polmonari e crepitii tele-inspiratori. Nei casi avanzati, possono manifestarsi segni di scompenso cardiaco.
Diagnosi e approcci terapeutici
La diagnosi si basa sui sintomi riferiti, sull’esame obiettivo e sugli accertamenti radiografici che evidenziano alterazioni nella trama polmonare. Le prove di funzionalità respiratoria mostrano tipicamente un deficit di tipo restrittivo, spesso associato a una riduzione della capacità di diffusione del monossido di carbonio (DLCO). Poiché non esiste una terapia specifica, l’intervento mira a prevenire le complicanze e a migliorare le capacità respiratorie.
Placche Pleuriche: Manifestazioni, Diagnosi e Implicazioni Prognostiche
Le placche pleuriche, comuni nel contesto dell’esposizione all’amianto, rappresentano un segno tardivo di questa esposizione e solitamente si manifestano almeno venti anni dopo il primo contatto. Questa condizione, legata a tutti i tipi di asbesto, presenta una patogenesi ancora non del tutto definita ma coinvolge verosimilmente la via linfatica e l’attivazione di macrofagi, che a loro volta stimolano la produzione di fibroblasti.
Anatomia patologica delle placche pleuriche
Macroscopicamente, le placche si presentano come lesioni distinte, sollevate, di colore grigio-biancastro, con superficie lucente e consistenza dura. Solitamente coinvolgono la pleura parietale, risparmiando gli apici e i seni costo-frenici, e sono spesso multiple e bilaterali. Dal punto di vista istologico, sono costituite da tralci di collagene denso, avascolare, intrecciati a forma di “cesto di vimini“, parzialmente ialinizzati e intervallati da pochi fibroblasti. Al microscopio elettronico, non sono presenti corpuscoli dell’asbesto.
Quadro clinico e diagnosi delle placche pleuriche
Le placche di solito non manifestano una sintomatologia clinica evidente ma, se estese, possono causare leggera dispnea da sforzo e dolore toracico. Tuttavia, non alterano in modo significativo la funzionalità respiratoria, specialmente in assenza di fibrosi parenchimale radiologicamente evidente. La diagnosi è prevalentemente radiologica, con la possibilità di conferma tramite RX del torace e TAC, dove le placche appaiono come ispessimenti pleurici diffusi o circoscritti, bilaterali e asimmetrici.
Prognosi e implicazioni prognostiche delle placche pleuriche
A differenza dell’asbestosi parenchimale, le placche pleuriche colpiscono sia i soggetti ad elevata esposizione sia quelli con esposizione cumulativa moderata. La frequenza di queste lesioni non è strettamente dose-dipendente, indicando una pregressa esposizione ma non necessariamente una forte esposizione. Attualmente, non sono considerate lesioni preneoplastiche per il mesotelioma, tuttavia studi recenti suggeriscono che le placche pleuriche possano rappresentare un fattore di rischio aggiuntivo per questa patologia.
Versamento pleurico: approfondimento
I versamenti pleurici, definiti come “l’accumulo di liquido nello spazio pleurico”, possono essere classificati in trasudati ed essudati, a seconda delle cause sottostanti. I trasudati sono legati a variazioni di pressione microvascolare o oncotica, mentre gli essudati sono associati a processi infiammatori pleurici che aumentano la permeabilità dei capillari. Approfondiamo ulteriormente i versamenti pleurici, analizzando il quadro clinico, le metodologie diagnostiche e le implicazioni per i lavoratori esposti all’amianto.
Dai dati elaborati su una popolazione di lavoratori esposti all’amianto, emerge che circa il 3% dei casi, dopo un periodo di latenza che varia da 5 ad oltre 30 anni, sviluppa un versamento pleurico benigno, spesso di tipo essudativo e di modesta entità, di solito di natura unilaterale.
Quadro clinico dei versamenti pleurici
Le manifestazioni cliniche dei versamenti pleurici sono strettamente correlate all’entità e alla velocità di sviluppo dell’accumulo di liquido. Si possono distinguere tra piccoli versamenti, spesso asintomatici, e grandi versamenti che manifestano sintomi come pleurodinia, tosse secca (se il versamento cresce rapidamente), dispnea a riposo o durante sforzi lievi, accompagnati da febbre, calo ponderale e anoressia.
Diagnosi dei versamenti pleurici
La diagnosi dei versamenti pleurici si basa sull’esame obiettivo e su esami strumentali radiografici.
Atelettasia rottonda
Si tratta di una lesione benigna localizzata nel parenchima polmonare sottopleurico, manifestandosi come un’immagine nodulare all’esame radiologico. Può essere associata all’esposizione all’amianto quando, a seguito di versamenti pleurici ricorrenti, la pleura viscerale si invagina, causando il collasso del parenchima circostante. In alternativa, può originarsi da aree di fibrosi pleurica che esercitano trazione sul parenchima polmonare adiacente.
Carcinoma Polmonare
Il carcinoma polmonare (TP) rappresenta la forma più comune di tumore maligno ed è responsabile della maggior parte dei decessi per cancro nei Paesi industrializzati. Deriva dall’alterazione dell’epitelio delle vie respiratorie e degli alveoli polmonari. Sebbene il fumo di sigaretta sia la causa preponderante, l’esposizione ad amianto e ad altri agenti ambientali sono fattori significativi nello sviluppo della patologia.
Fattori di rischio e incidenza
Il consumo di sigarette è il principale fattore di rischio per il carcinoma polmonare. I fumatori presentano un rischio relativo di 10-30 volte superiore rispetto ai non fumatori. La quantità e la durata del fumo influenzano in modo significativo questo rischio. Inoltre, il fumo passivo contribuisce al 25% dei casi di tumori polmonari tra i non fumatori, con circa 1000 decessi annui solo in Italia. Smettere di fumare porta a una significativa riduzione del rischio dopo circa 10 anni, sebbene non raggiunga mai il livello dei non fumatori. L’esposizione ad amianto è un altro importante fattore di rischio. La quantità totale di asbesto inalato è correlata all’incidenza di carcinoma polmonare. Questo si riflette nei seguenti dati:
Nei non fumatori non esposti ad asbesto, l’incidenza è di circa 11 casi su 100.000 persone l’anno;
Nei non fumatori esposti ad asbesto, l’incidenza è circa 5 volte superiore;
Nei fumatori non esposti ad asbesto, l’incidenza è circa 10 volte superiore;
Nei fumatori esposti ad asbesto, l’incidenza supera di oltre 50 volte quella dei non fumatori non esposti. L’effetto combinato di fumo di sigaretta ed esposizione ad amianto mostra una sinergia nell’aumento del rischio.
Altri fattori di rischio
Oltre al fumo di sigaretta e all’esposizione ad amianto, altri agenti contribuiscono al rischio di carcinoma polmonare. Tra questi, il gas radon, prodotto del decadimento naturale dell’uranio, e sostanze chimiche come arsenico, cromo, nickel, berillio, cadmio, e gli idrocarburi policiclici, possono causare tumori polmonari in ambito lavorativo.
Classificazione istologica del carcinoma polmonare
L‘Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato e successivamente aggiornato una classificazione istopatologica del carcinoma polmonare, che comprende quattro principali tipi istologici: il carcinoma squamoso (o epidermoide), l’adenocarcinoma, i tumori a grandi cellule e i tumori a piccole cellule o microcitomi.
A fini clinici e terapeutici, i primi tre tipi istologici sono raggruppati sotto il termine “carcinoma polmonare non a piccole cellule”, data la diversità di approccio terapeutico rispetto al carcinoma a piccole cellule.
Frequenza dei diversi istotipi
Secondo una revisione condotta dal National Cancer Institute statunitense su oltre 150.000 casi di tumore polmonare confermati, la distribuzione degli istotipi è la seguente:
Carcinoma squamoso: 31%
Adenocarcinoma: 29%
Microcitoma: 17%
Carcinoma a grandi cellule: 11%
Correlazioni tra istotipi e fattori di rischio
L’istotipo squamoso è fortemente correlato al consumo di tabacco ed è più frequente tra la popolazione maschile, sebbene si stia osservando un aumento anche tra le donne. L’adenocarcinoma, d’altra parte, è l’istotipo più comune tra le donne e i non fumatori. Il microcitoma è anch’esso strettamente legato al fumo, tanto che è raro nei non fumatori.
Insomma, la classificazione istologica fornisce una fondamentale base per la diagnosi e la pianificazione del trattamento del carcinoma polmonare. Comprendere le differenze tra gli istotipi è cruciale per determinare l’approccio terapeutico più efficace e personalizzato per ciascun paziente affetto da questa patologia.
Carcinoma bronchioloalveolare: sottotipo dell’adenocarcinoma
Il carcinoma bronchioloalveolare è classificato come un sottotipo dell’adenocarcinoma. Questo tipo di tumore polmonare può manifestarsi in due forme principali: centrale o periferica.
Tumori centrali e periferici: sintomi e quadri radiologici
I tumori centrali crescono all’interno del lume bronchiale o nella parete bronchiale, dando origine a sintomi e quadri radiologici distinti. Nel primo caso, si osservano sintomi bronchiali e di ostruzione come tosse, dispnea, episodi febbrili, emoftoe e segni radiologici di polmonite ostruttiva e di atelettasia segmentarla o subsegmentaria. Questo comportamento è più comune nei casi di carcinoma squamoso. Nel secondo caso, i sintomi si manifestano più tardi e sono associati a irritazione bronchiale o compressione sulla trachea o sui grossi bronchi, con segni radiologici di massa o ingrandimento ilare. Tale comportamento è più frequente nel microcitoma.
Il tumore periferico, generalmente di tipo adenocarcinoma, non causa sintomi diretti e può essere scoperto incidentalmente in radiografie eseguite per altri motivi. Tuttavia, quando invade strutture intratoraciche come la pleura o la parete toracica, può causare sintomi secondari come necrosi o infezione della lesione. Non di rado, i primi sintomi sono dovuti a metastasi in altre aree come il mediastino, il cervello o le ossa. Dal punto di vista radiologico, si osservano un nodulo periferico, opacità ascessualizzate, versamento pleurico e adenopatie mediastiniche.
Procedure diagnostiche e terapeutiche
Le procedure diagnostiche devono avere come obiettivo la tipizzazione della lesione e la valutazione dell’estensione della malattia per stabilire la stadiazione e pianificare la terapia. Nei casi di forme centrali, si esegue l’esame broncoscopico con prelievi bioptici bronchiali. Per le forme periferiche, si effettuano prelievi transtoracici sotto controllo fluoroscopico o TC guidati.
In presenza di versamento pleurico, la toracoscopia con prelievi pleurici diviene l’esame diagnostico da eseguire. È possibile anche intervenire terapeuticamente sul versamento, introducendo talco nel cavo pleurico con l’obiettivo di promuovere l’adesione delle pleure e ridurre il versamento.
Il decorso della malattia è caratterizzato da un progressivo deterioramento delle condizioni di salute e dalla possibilità di ulteriori disturbi legati a metastasi in altri organi. In alcuni casi di tumori più piccoli e in fase iniziale, può essere presa in considerazione un’asportazione chirurgica radicale. Tuttavia, i risultati di tale approccio spesso non sono soddisfacenti. Allo stesso modo, l’efficacia dei trattamenti farmacologici e radianti è attualmente limitata.
ONA: dice no all’amianto!
L’Osservatorio Nazionale Amianto, presieduto dall’Avv. Ezio Bonanni, insiste sull’importanza della prevenzione primaria, che consiste nell’evitare ogni forma di esposizione all’asbesto. Poi, sulla secondaria, che consiste nel favorire la ricerca scientifica e, al tempo stesso, la diagnosi precoce di patologie asbesto-correlate con la sorveglianza sanitaria. Infine, sulla prevenzione terziaria che permette la verifica dei dati epidemiologici e, cioè, l’incidenza dell’amianto sulla salute umana con il conteggio del numero delle patologie. Queste malattie denunciate all’INAIL permettono di ottenere il riconoscimento della loro natura professionale, l’indennizzo, e il risarcimento dei danni.