Perché ad una certa età abbiamo l’impressione che tutto diventi più difficile? Generazioni a confronto.
Se è vero che non per tutti è così, il processo di crescita o di sviluppo avviene per tutti, in maniera diversa per ognuno di noi e spesso ci si trova ad affrontare dei veri e propri momenti di crisi.
Eppure quella sensazione appena accennata, balzata alla mente e alla memoria di tutti, magari figlia di ricordi seppelliti spesso giunge alla nostra coscienza.
Si parte dall’età infantile, per poi avanzare sempre più, nelle fasi successive della vita che ci porta a rivendicare atti nostri e altrui come se ci si potesse comportare da modelli, non da passerelle. E ad avere a che fare con alcuni momenti di crisi profonda.
E in effetti, se ci riflettiamo, è così proprio per tutti. La società cambia e sviluppa di pari passo alle nostre esperienze. Non ci rendiamo minimamente conto di quanto la vita dell’uno, in gran parte influenzi al massimo anche la vita degli altri.
Come in uno “sliding doors” costante.
Caratteristiche fondamentali: superficialità vs profondità
Ogni nostra caratteristica infatti, portata all’estremo in alcuni ambienti, è totalmente capace di invertire l’ordine delle cose. Mai come in un’età avanzata, questa consapevolezza viene fuori, a meno che non scegliamo di vivere una vita totalmente distaccata dalla realtà e di finire vittime della superficialità, nostra e altrui. Schiavi della routine. Perché comunque il conto arriva. Per tutti. E ancor prima che ci giudichi qualcuno al di fuori o al di sopra di noi.
Pensiamo alle storie raccontate nelle varie epoche, come il nostro bisogno di erre riconosciuti e di spiritualità ci abbia portato con la testa verso l’alto a chiederci se ci fosse qualcuno. Qualcuno che ci salvasse oltre a ciò che vedevamo dentro di noi.
Ne sono una spiegazione i valori cristiani, ma anche le altre religioni. Come il decorso di una singola malattia che dal particolare, colpendo il singolo, diventa poi parte integrante della comunità se con caratteristiche precise. Pensate quanto una singola cosa potrebbe attecchire sulla vita delle altre persone, ma senza, in un primo momento, condizionarne le vite. O almeno apparentemente.
Una rete trasposta dietro gli schermi ma reale
Purtroppo sarebbe bello pensare che le nostre azioni quotidiane non condizionino la vita degli altri come in una grande azienda. Eppure per chi ci lavora è diverso.
Sa benissimo che non sarà così, che anche il piccolo imprevisto, se non gestito bene, potrà scombussolare la vita di tutti gli altri. Da qui il bisogno di difendere le categorie e di riconoscercisi in primis.
Come una serie di atomi, di particelle unite fra loro che collaborano seguendo una serie di input. E continuando a collegare le varie specialità e metodologie in una visione di insieme. Il principio dell’insegnamento e della comprensione. Della battaglia per portare avanti pensieri o riflessioni su cui ci riconosciamo. In cui l’atteggiamento dell’uno diventa fondamentale per le azioni e la serenità di tutti gli altri. Generazioni a confronto? L’adattamento con il suo giusto tempo di “macerazione”.
L’unica e grande rete, che collabora con noi, non solo prosegue verso la sopravvivenza, ma aspira ad una sopravvivenza funzionale, a noi e alla realtà che ci circonda. Costruendo ad hoc una società che si confà alle aspettative e alle esigenze dell’essere umano.
In contatto con se stesso e con la natura.
L’uomo come motore
Difficile anche vivere completamente coscienti del proprio “motore”, figlio di azioni quotidiani che cambiano umori e azioni dei nostri “vicini”. In questo ha un ruolo fondamentale proprio il confronto fra generazioni.
Questo potere che abbiamo è un super potere a tutti gli effetti che in larga scala potrebbe cominciare ad essere visto come un bisogno costante di affermazione, non solo della nostra persona ma dell’intera comunità.
Immaginiamo la vita come una gabbia, una meravigliosa casa, che in qualche modo ci imprigiona e ci tiene liberi insieme. Quel bisogno di equilibrio tra la condivisione totale con gli altri e quell’atavica soluzione che ritroviamo e riscontriamo solo nella nostra solitudine.
Sarà per questo che ci sentiamo veramente appagati e amati nella nostra più totale libertà. Se mi lasci libero ma mi ami sono tuo, sono tua. La frase più bella forse da dire e da sentirsi dire. D’altronde l’amore, come tutte le altre scienze ha bisogno anche di condivisione.
Ma di potenziare le qualità della persona con la quale ci relazioniamo.
Il lavoro come comprensione di se stessi e degli altri
Esattamente come negli ambienti di lavoro. Un lavoro, scusate il pleonasmo ridondante, che una semplice realtà può improvvisamente rimescolarsi ad esigenza in vista di ciò che affrontiamo in quel momento.
Nella rigidità del pensiero del pensiero primario più vicino ai nostri valori, elaboriamo il nostro pensiero, più a contatto con la persona che siamo e con chi scegliamo di essere.
Liberi da imposizioni nelle quali non sempre ci riconosciamo, quante volte rinunciamo a qualcosa senza tentare solo perché abbiamo paura di non esserne all’altezza?
Ma davvero non lo eravamo o ci siamo convinti, schiavi di noi stessi e delle abitudini, che non potevamo esserlo?
Eppure il vero capovolgimento e l’accrescimento delle potenzialità si trova dunque forse proprio nello stravolgimento del nostro pensiero basale e nella ricerca della flessibilità.
Anche a contatto con realtà che ci sembravano impossibili fino a quel momento.
Multifunzione e specializzazione, fare rete tra persone
Il segreto è la condivisione e la multifunzionalità. Ma la condivisione deve essere reale e non relegata esclusivamente ai social. Il mondo del lavoro e la difficoltà di adattarsi al cambiamento forse sono uno dei massimi incipit di come la realtà talvolta prenda delle pieghe impreviste.
Quando le caratteristiche dell’altro non corrispondono alle nostre azioni, non le riconosciamo e nonc i riconosciamo. Anche se l’altro si sforza di venirci incontro. E allora la domanda è: mette in luce le sue, o le nostre fragilità?
Farsi strada in un mondo dove le caratteristiche delle persone intorno a noi sono sempre più toccabili con mano non è semplice senza risultare eccessivamente pleonastici e retorici. E’ un po’ come scegliere il linguaggio adatto al tipo di situazione che ci si ritrova ad affrontare, ma con la consapevolezza, allo stesso tempo, di avere coerenza col proprio pensiero, flessibile e plasmabile ma in cui riconoscersi, senza che esso si trasformi in un’ideologia.
Senza fermarsi alla prima difficoltà.
Cambiamenti
I cambiamenti richiedono infatti un processo molto lento. Anche nell’era della massima velocità. Soprattutto se la sfida consiste nel ri-adattare una realtà facilmente comprensibile. Da noi e dalle persone intorno. Con un modello di persone che “collaborano” insieme da anni: hanno caratteristiche e storie diverse dalle nostre.
I caratteri quali l’empatia e la sun patia determinati dalla lingua greca pathos, ovvero soffrire insieme, e gioire anche in caso di vittoria, non sono semplici sentimento, ma hanno bisogno di “ormoni e palestra” quotidiana. Esattamente come l’amore.
Senza questo allenamento perdiamo la nostra duttilità e ci rendiamo incapaci di provare. Ogni giorno l’amore lo impari su di te, ad accettarti come sei. Cercando di perdonare i tuoi piccoli errori, o le tue nefandezze, termine ormai desueto ma che ricorda un mai troppo antico passato. Capace sempre di insegnarci qualcosa.
Per prendere spunto, per imparare. Sempre dritti, sempre avanti.