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Delega di funzioni e delega gestoria

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  • Ultima modifica dell'articolo:Novembre 6, 2024
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Con il presente contributo si intendono illustrare le caratteristiche principali del fondamentale strumento della delega di funzioni e le sue differenze con il modello della delega gestoria, alla luce dei più recenti orientamenti della giurisprudenza.

I diversi livelli soggettivi di responsabilità

La difficile individuazione dei soggetti responsabili

Nella materia del diritto penale del lavoro, la ripartizione delle competenze nell’ambito delle imprese, specie quando organizzate in strutture complesse, ha comportato l’insorgere della annosa problematica relativa alla corretta individuazione del responsabile dei settori dell’anti-infortunistica, della sicurezza e della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Infatti, l’organizzazione della struttura aziendale in diversi livelli soggettivi di competenza e responsabilità comporta che sia spesso difficile individuare – al di là della qualifica formalmente attribuita ad un determinato soggetto – il destinatario effettivo delle norme prevenzionistiche, in quanto spesso tali ruoli sono affidati, nella prassi della singola realtà, a soggetti diversi che, materialmente, li assolvono.

Per questi motivi è diventato imprescindibile individuare in modo puntuale il soggetto destinatario delle norme anti-infortunistiche e, in generale, preventive, nonché di adottare, nelle diverse realtà, un modello organizzativo che, sul piano giuridico, consentisse di individuare i soggetti preposti all’attuazione del contenuto di tali norme, al fine di ripartire i diversi livelli di responsabilità.

Datori di lavoro, dirigenti e preposti

La normativa prevenzionistica differenzia i piani soggettivi della responsabilità penale, considerando, da un lato, le figure del “datore di lavoro” e del “dirigente”, quali soggetti apicali della struttura organizzativa, e, dall’altro, la figura del “preposto”, quale soggetto, appunto, preposto all’attuazione delle direttive datoriali e al controllo sulla loro corretta esecuzione.

Sulla base delle definizioni contenute nell’art. 2 del d.lgs. n. 81/2008 (Testo Unico in materia di tutela della Salute e della sicurezza nei luoghi di Lavoro), il “datore di lavoro” è colui che è titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore e che ha “la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa” (art. 2, comma 1, lett. b) d.lgs. cit.).

Tale soggetto è pertanto il destinatario a titolo originario delle norme di prevenzione dei lavoratori nei settori dell’anti-infortunistica e della sicurezza ed è così individuato quale responsabile.

Al datore di lavoro, si affianca la figura del “dirigente” che è “persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa” (art. 2, comma 1, lett. d) d.lgs. cit.).

A queste due figure, la normativa anti-infortunistica aggiunge quella del “preposto“, quale soggetto “che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa” (art. 2, comma 1, lett. e) d.lgs. cit.).

A prescindere dalla loro qualificazione formale, la giurisprudenza ha nel tempo chiarito che la corretta individuazione di un soggetto quale destinatario della relativa normativa vada effettuata “in concreto con riferimento alle mansioni svolte e alla specifica sfera di responsabilità attribuita” (Cass. Pen., Sez. IV, n. 47173/2007).

La delega di funzioni

Questa esigenza di certezza ha trovato una risposta significativa nell’adozione del modello della delega di funzioni.

La delega di funzioni è uno strumento attraverso il quale il datore di lavoro (si badi bene, non anche il dirigente) “trasferisce i poteri e le responsabilità per legge connessi al proprio ruolo ad altro soggetto: questi diventa garante a titolo derivativo, con conseguente riduzione e mutuazione dei doveri facenti capo al soggetto delegante” (Cass. Pen., Sez. IV, n. 8476/2023).

La delega di funzioni opera in tal modo un trasferimento dei poteri e delle responsabilità dal delegante al delegato, nei limiti consentiti dalla normativa di riferimento e in base al contenuto della delega stessa.

L’importanza dello strumento in esame si evince, da un lato, sul piano probatorio-documentale, in quanto se, in ipotesi, la delega di funzioni potrebbe essere attuata anche in assenza di un atto formale, questo consente invero di delimitare il contenuto degli obblighi trasferiti e di accertare l’area di responsabilità del soggetto delegato, nonché quella del soggetto delegante.

Dall’altro, la delega di funzioni costituisce certamente attuazione di un modello organizzativo che consenta un più efficace ed effettivo controllo sulle disposizioni a tutela del lavoratore, attraverso un decentramento e pertanto un riparto di competenze e responsabilità realizzato su più livelli.

Il quadro normativo

La delega di funzioni ha trovato il primo approdo normativo nel d.lgs. n. 626/1994 che, tuttavia, si limitava ad elencare una serie di attività non delegabili e, pertanto, implicitamente ammetteva il ricorso a tale strumento da parte del datore di lavoro in tutti gli altri casi e senza necessità di individuare limiti e requisiti della delega stessa.

La delega di funzioni trova oggi una compiuta disciplina legislativa nell’ambito del già citato d.lgs. n. 81/2008, che all’art. 16 ne detta limiti e condizioni, recependo gli orientamenti della giurisprudenza precedente sul tema.

La norma richiede:

“a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;

b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;

c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;

d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;

e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto” (art. 16, comma 1 d.lgs. cit.).

Inoltre, al comma 2, si prevede che alla delega debba essere data adeguata e tempestiva pubblicità.

Permane, tuttavia, in capo al datore di lavoro l’obbligo di vigilanza in ordine al corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite (art. 16, comma 3 d.lgs. cit.), con la conseguenza che questi potrà essere chiamato a rispondere per culpa in eligendo o per culpa in vigilando qualora si verifichi un illecito che sia eziologicamente riconducibile alla condotta del datore di lavoro.

Il rischio della responsabilità “da posizione”

Una delle problematiche che hanno impegnato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale in relazione alla responsabilità che in ogni caso residua in capo al datore di lavoro per omessa vigilanza sorge dal rischio che la norma configuri una sorta di responsabilità oggettiva “da posizione” del datore di lavoro. Sul tema, si veda il contributo “Gli obblighi di vigilanza del datore di lavoro”.

La delega gestoria

Nell’ambito delle organizzazioni complesse, la ripartizione delle attribuzioni e delle responsabilità è volta ad “assicurare un adempimento più efficiente della funzione gestoria” ed, al contempo, mira ad attuare una “specializzazione delle funzioni, tramite la valorizzazione delle competenze e delle professionalità esistenti all’interno dell’organo collegiale” (Cass. Pen, Sez. IV, n. 8476/2023).

In particolare, nelle società di capitali a struttura semplice, in cui vi è un amministratore unico che è titolare sia della ordinaria che della straordinaria amministrazione, questi assume anche la posizione di garanzia che lo qualifica come “datore di lavoro”. Nelle società di capitali la cui amministrazione venga, invece, affidata ad un organo collegiale (quale il Consiglio di amministrazione), l’individuazione della posizione datoriale è più complessa.

La costante giurisprudenza tende ormai ad affermare che, in assenza di specifiche deleghe gestorie, l’amministrazione ricade per intero su tutti i componenti del consiglio e, pertanto, tutti costoro sono investiti degli obblighi inerenti la prevenzione degli infortuni posti dalla legislazione a carico del datore di lavoro (cfr. Cass. Pen., Sez. IV, n. 8118/2017).

La delega gestoria si ha allorquando, come di frequente accade, il consiglio di amministrazione deleghi le proprie funzioni (o soltanto alcune di esse) ad uno o più dei suoi componenti ovvero ad un comitato esecutivo (c.d. board).

La delega gestoria è disciplinata dall’art. 2381 c.c., che detta i limiti e le condizioni dell’adozione del relativo modello.

In particolare, la norma prevede che:

a) la decisione di ricorrere alla delega di gestione deve essere autorizzata dai soci o deve essere prevista dallo statuto (art. 2381, comma 2 c.c.);

b) in presenza di tale autorizzazione, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un board composto da alcuni dei suoi componenti ovvero delegare soltanto ad uno o più dei componenti del consiglio, determinando il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega (art. 2381, comma 3 c.c.);

c) gli artt. 2420-ter, 2423, 2443, 2446, 2447, 2501 c.c. indicano talune attribuzioni che non sono delegabili;

d) i componenti delegati sono soggetti agli adempimenti e agli obblighi di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 2381 c.c.

Differenze tra delega di funzioni e delega gestoria

Alla luce di quanto sopra esposto, si possono osservare le differenze intercorrenti tra lo strumento della delega di funzioni e il modello della delega gestoria.

In particolare:

a) la delega di funzioni ex art. 16 d.lgs. n. 81/2008 è lo strumento con il quale il datore di lavoro trasferisce i poteri e le responsabilità di natura prevenzionistica, che egli ha a titolo originario, ad altro soggetto, che diviene pertanto garante a titolo derivativo.

b) la delega gestoria ex art. 2381 c.c. attiene alla ripartizione delle attribuzioni e delle responsabilità tra gli amministratori nell’ambito della struttura societaria di tipo complesso.

Pertanto, nel caso della delega di funzioni ex art. 16 d.lgs. cit. il soggetto delegante si libera dei poteri e delle responsabilità trasferite a titolo derivativo al soggetto delegato, mentre rimane obbligato, in via residua, a vigilare sull’operato e sul corretto svolgimento delle funzioni delegate, con conseguente responsabilità a titolo di culpa in eligendo o in vigilando. Il soggetto delegato non è peraltro qualificato come datore di lavoro e non lo diviene per effetto della delega.

Nella delega gestoria, anche quando abbia ad oggetto l’adozione di misure anti-infortunistiche, i poteri decisionali e di spesa propri della funzione datoriale, che, nel caso delle strutture societarie complesse, fanno capo all’organo amministrativo nel suo complesso (ovvero il consiglio di amministrazione), vengono concentrati soltanto su alcuni di essi.

Ne consegue che, mentre nel primo caso, si verifica il trasferimento di talune funzioni ad un soggetto che non riveste e non rivestirà in forza della delega una funzione datoriale, nel secondo caso invece si verifica una concentrazione della gestione delle funzioni delegate.

Dovere di controllo e responsabilità degli amministratori

Nel caso della delega gestoria, invece, il dovere di controllo permane in capo ai membri del consiglio di amministrazione non delegati, ma si tratta di un dovere che va comunque “ricondotto agli obblighi civilistici di cui agli artt. 2381, comma 3 c.c. e 2932, comma 2 c.c., così come modificato dalla riforma del diritto societario attuata con il D.lgs. n. 6 del 2003 che ha abolito il generale dovere di vigilanza di tutti gli amministratori sul generale andamento della società” (Cass. Pen, Sez. IV, n. 8476/2023).

Sulla base di tali norme si evince che, da un lato, residua, in capo al consiglio di amministrazione nel suo complesso, oltre alla determinazione del contenuto della delega, la facoltà di impartire direttive, valutare l’adeguatezza dell’assetto della società e il generale andamento della gestione delegata (art. 2381, comma 3 c.c.); dall’altro, che tutti gli amministratori sono comunque solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto in loro potere per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (art. 2932, comma 2 c.c.).

Ora, sebbene in dottrina è stato affermato che la delega gestoria comporti un sistema di competenze concorrenti tra deleganti e delegati e non abbia, pertanto, carattere abdicativo delle attribuzioni e delle responsabilità delegate, la giurisprudenza ritiene, invero, che, alla concentrazione delle attribuzioni e delle responsabilità in capo soltanto a taluni soggetti”, debba corrispondere in via generale una esclusiva responsabilità” (Cass. Pen, Sez. IV, n. 8476/2023) dei soggetti delegati, ferme restando le responsabilità degli altri componenti non delegati per la violazione degli obblighi che in capo agli stessi residuano in forza delle norme richiamate.

Nella giurisprudenza di legittimità si è così affermato che, a seguito della delega gestoria, gli obblighi derivanti dalla normativa anti-infortunistica si trasferiscono dal delegante al delegato, mentre permangono in capo al consiglio di amministrazione i residui obblighi di controllo sul generale andamento della delega e di intervento sostitutivo.

L’effettività dei poteri di gestione

Al fine di individuare la figura datoriale in presenza di deleghe gestorie, la giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso di attribuire rilevanza alla verifica in concreto circa l’effettività dei poteri di gestione e di spesa dei consiglieri delegati, sottolineando, già a partire dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 383423/2014 (Espenhahn), che nelle organizzazioni complesse “la veste datoriale non può essere attribuita solo sulla base di un criterio formale, magari indiscriminatamente estensivo, ma richiede di considerare l’organizzazione dell’istituzione, l’individuazione delle figure che gestiscono i poteri che danno corpo a tale figura”.

In tale occasione, il Supremo Consesso ha confermato la correttezza della attribuzione della qualifica di datore di lavoro all’intero board , riconoscendo “l’effettività dei poteri di gestione e di spesa” esercitati anche da tali soggetti, oltre all’amministratore delegato, tale da consentire di attribuire loro la veste di datore di lavoro.

Effettività dei poteri di gestione e amianto

Si segnala che anche in tema di responsabilità a titolo di omicidio colposo in danno di lavoratori esposti ad amianto, la Corte di Cassazione, Sez. IV Pen., n. 5505/2017 (Pesenti) ha riconosciuto che i membri del c.d. board ben possano essere titolari posizioni di garanzia “ove sia ravvisabile la loro reale partecipazione ai processi decisori con particolare riferimento alle condizioni di sicurezza del lavoro”, anche se, nel caso di specie, ha ritenuto immune da censura la sentenza di merito che aveva assolto i componenti del comitato esecutivo (ex dirigenti di una industria elettromeccanica) proprio rilevando l’assenza dell’effettività dei poteri di gestione.

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