In questa guida ci occupiamo di diritto risarcitorio e in particolare di danno non patrimoniale. Ovvero di quella componente del danno che non è quantificabili in termini di perdita economica.
L’UPIDSA – Università Popolare Internazionale Diritto, Scienza e Ambiente APS si occupa di formare un personale tecnico specializzato in diritto risarcitorio con un particolare focus su ambiente e salute a 360°, compresa quella psicologica. Le vittime di terrorismo, di mobbing, di errore medico e di esposizione ad amianto e ad altri cancerogeni che hanno causato malattia, hanno diritto al risarcimento integrale dei danni subiti, patrimoniali e non patrimoniali. In caso di decesso della vittima sono i familiari eredi legittimi ad avere diritto ai ristori previsti dalla legge che spettavano al defunto, oltre al risarcimento dei danni subiti personalmente.
Contents
- 1 Cos’è il danno non patrimoniale? Una definizione
- 2 Quando è risarcibile il danno non patrimoniale?
- 3 L’istituto giuridico del risarcimento del danno
- 4 Qual è la differenza tra danno patrimoniale e non patrimoniale?
- 5 Le diverse componenti del danno non patrimoniale
- 6 Il danno non patrimoniale è un danno unitario
- 7 Il risarcimento del danno biologico: come funziona?
- 8 Risarcimento del danno esistenziale: come funziona?
- 9 Risarcimento del danno morale: come funziona?
- 10 Risarcimento del danno tanatologico: come funziona?
- 11 Risarcimento del danno catastrofale: come funziona?
- 12 Risarcimento del danno subito iure proprio
Cos’è il danno non patrimoniale? Una definizione
Cos’è il danno non patrimoniale? Il danno non patrimoniale è un danno che deriva direttamente da un atto illecito e provoca dolore sia fisico che psicologico alla persona coinvolta. A differenza del danno patrimoniale, questo tipo di danno non coinvolge direttamente i beni o i diritti economici della persona, ma piuttosto colpisce valori o interessi immateriali, come la libertà, la salute, la riservatezza e la famiglia, garantiti costituzionalmente.
Le vittime di un atto illecito che subiscono un danno non patrimoniale hanno il diritto di richiedere un risarcimento.
Questo tipo di danno può essere definito quindi come la violazione di un interesse protetto dalla legge e che non ha un valore economico misurabile.
Quando è risarcibile il danno non patrimoniale?
Un danno non patrimoniale diventa risarcibile quando:
- Sorge da un atto illecito che costituisce un reato secondo il codice penale.
- È specificamente contemplato dalla legge, come nei casi previsti da leggi specifiche.
- Coinvolge la violazione di un diritto garantito costituzionalmente.
Inoltre, un danno è considerato giuridicamente rilevante quando comporta la lesione di un interesse legittimo verso un bene della vita, cioè un bene che fornisce un’utilità per soddisfare un bisogno. Questo tipo di danno è rilevante anche quando la lesione dell’interesse protetto dalla legge provoca una perdita tangibile o il mancato conseguimento dell’utilità desiderata o goduta.
L’istituto giuridico del risarcimento del danno
Il concetto di risarcimento del danno è sancito nel Codice Civile, che stabilisce al suo articolo 2043 l’obbligo di indennizzare chi subisce un pregiudizio ingiusto a causa di un atto doloso o colposo di un’altra persona. Fondamentalmente, il risarcimento consiste nell’assegnazione di una somma di denaro alla vittima.
Qual è la differenza tra risarcimento e indennizzo?
Il risarcimento viene applicato in seguito a atti illeciti, che possono essere di natura contrattuale o extracontrattuale. Nel primo caso, l’illiceità si verifica quando non vengono rispettate le condizioni di un contratto precedentemente stipulato, mentre nel secondo caso si tratta di comportamenti che violano le norme della convivenza civile, al di fuori di un contratto.
La responsabilità extracontrattuale riguarda le violazioni delle norme che regolano le trattative per la formazione di un contratto.
Affinché sussista l’obbligo di risarcimento, è essenziale dimostrare un nesso causale tra l’atto illecito e il danno subito. È necessario provare che il danno è una diretta conseguenza dell’illiceità. A seconda del tipo di responsabilità coinvolta (contrattuale o extracontrattuale), varia il carico della prova.
L’indennizzo si differenzia dal risarcimento in quanto non è legato a comportamenti che violano la legge civile. La sua finalità non è necessariamente riparare il danno in modo proporzionato al pregiudizio subito, ma piuttosto ripristinare la situazione precedente all’evento dannoso.
Qual è la differenza tra danno patrimoniale e non patrimoniale?
Esiste una distinzione chiara tra danno patrimoniale e non patrimoniale. Il danno patrimoniale rappresenta una perdita economica subita da un individuo a causa di un comportamento illecito di un’altra parte. Questo tipo di danno danneggia un bene economico di proprietà della vittima, che ha un valore monetario definito e quantificabile.
D’altra parte, il danno non patrimoniale riguarda la lesione di un diritto garantito dalla legge piuttosto che un bene materiale di proprietà. La valutazione economica di questo tipo di danno è più complessa poiché non coinvolge beni materiali. Il danno non patrimoniale è spesso associato alla sofferenza psico-fisica della vittima, causata direttamente dall’atto illecito, che può includere angoscia, ansia o dolore fisico.
Il risarcimento del danno non patrimoniale non si limita ai casi espressamente previsti dalla legge ordinaria, ma può anche riguardare la lesione dei diritti costituzionali che richiedono una tutela risarcitoria minima.
Le diverse componenti del danno non patrimoniale
Il concetto di danno non patrimoniale è ampio e può includere diverse forme di lesioni di interessi personali, come il danno morale, il danno esistenziale e il danno biologico. In base a una interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 del Codice Civile, il danno non patrimoniale comprende non solo il danno morale soggettivo, ma anche la violazione ingiusta di un valore che riguarda la persona stessa. È importante notare che la lesione di tale interesse deve superare una soglia di tollerabilità e non deve essere futile, ossia consistere in un semplice disagio o fastidio.
- Danno biologico, lesione al bene salute;
- esistenziale, detto anche danno alla vita di relazione, che consiste nell’alterazione delle abitudini e degli assetti relazionali propri dell’individuo all’interno e all’esterno del nucleo familiare;
- Danno morale, ossia la perturbatio dell’animo e la sofferenza interiore patita;
- da perdita del rapporto parentale, inteso come privazione del rapporto affettivo con il congiunto in cui viene meno un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione e sulla quotidianità dei rapporti;
- estetico, cioè la compromissione dell’aspetto esteriore.
Esistono poi il danno catastrofale e il danno tanatologico che, però, non è universalmente accettato tra i danni risarcibili. In particolare il pregiudizio catastrofale rappresenta la sofferenza patita dal defunto prima di morire, a causa delle lesioni fisiche derivanti da un’azione illecita compiuta da terzi. Sussiste questo danno solo nel caso in cui non ci sia un apprezzabile lasso di tempo tra la lesione e la morte della vittima. In questo modo si può presumere che il decesso sia esclusivamente effetto della lesione subita.
Il danno non patrimoniale è un danno unitario
L’unità del risarcimento per il danno non patrimoniale è una caratteristica fondamentale. Nonostante ci siano diverse componenti di questo tipo di danno, infatti, la sua natura unitaria non viene compromessa.
In altre parole, quando queste voci si presentano contemporaneamente, devono essere considerate in modo unitario durante la liquidazione del danno. Questo evita duplicazioni risarcitorie, pur considerando le peculiarità del caso specifico.
Le sentenze gemelle della Suprema Corte a Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975), hanno chiarito definitivamente quali sono le voci risarcibili di cui è possibile chiedere il ristoro in caso di danno alla persona.
“La categoria del danno non patrimoniale attiene a ipotesi di lesione di interessi inerenti alla persona, non connotati da rilevanza economica o da valore scambio ed aventi natura composita, articolandosi in una serie di aspetti (o voci) con funzione meramente descrittiva (danno alla vita di relazione, danno esistenziale, danno biologico, ecc.)”.
Il risarcimento del danno biologico: come funziona?
Il risarcimento relativo al danno biologico riguarda le conseguenze di un’alterazione temporanea o permanente dell’integrità fisica o psichica della vittima, rappresentando una lesione diretta alla sua salute e benessere fisico. Questo tipo di danno coinvolge i diritti costituzionalmente protetti, come quelli sanciti dagli articoli 2 e 32 della Costituzione.
Secondo la definizione presente nell’articolo 139 del Codice delle assicurazioni private, il danno biologico è identificato come una lesione all’integrità fisica o psichica della persona, valutabile attraverso esami medico-legali, che influisce sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamici delle relazioni della vittima, indipendentemente dalle conseguenze sulla sua capacità reddituale.
Per quantificare il risarcimento del danno biologico, si considera anzitutto la gravità delle lesioni. Se la lesione supera il 9% si fa riferimento alle tabelle del Tribunale di Milano per determinare un risarcimento equo.
La giurisprudenza, in particolare la Corte Suprema, ha stabilito che in caso di lesioni derivanti da incidenti stradali, il risarcimento del danno biologico può essere aumentato fino al 30% rispetto agli standard previsti.
Risarcimento del danno esistenziale: come funziona?
Passando al danno esistenziale, questo si verifica quando il danno non colpisce solo la salute fisica, ma anche la qualità complessiva della vita della vittima. Questo tipo di danno influisce sulla vita di relazione e sui valori esistenziali della persona, impedendole spesso di svolgere le proprie attività quotidiane.
Tuttavia “quantificare” il danno risulta il più complesso, perché l’entità del danno non può essere verificata con una perizia medico-legale.
La vittima del danno esistenziale ha quindi l’onere della prova, e deve dimostrare in modo tangibile e accertabile il danno subito. In seconda battuta sta al giudice valutare, caso per caso, l’esistenza e l’entità del danno esistenziale. In base a questa valutazione potrà procedere a calcolare i danni non patrimoniali e l’ammontare del risarcimento.
La Cassazione, nella sentenza n.7513 del 2018, ha confermato che il danno non patrimoniale, anche se non correlato a un danneggiamento della salute, va comunque risarcito se va a ledere diritti garantiti dalla Costituzione, solo a seguito di attenta ed approfondita istruttoria. In altre parole: se viene accertato il danno esistenziale, deve essere risarcito anche se non siamo in presenza contestualmente di un danno biologico.
Risarcimento del danno morale: come funziona?
Il risarcimento del danno morale si riferisce alla sofferenza interiore e soggettiva causata da un atto illecito perpetrato contro un individuo. Questo tipo di danno è stabilito dall’articolo 2059 del codice civile ed è incluso nella categoria più ampia dei danni non patrimoniali.
In passato, il riconoscimento del danno morale era limitato alle vittime di reati penali, ma nel corso degli anni la Corte di Cassazione ha ampliato tale riconoscimento anche al campo della responsabilità civile, liberandolo da questo vincolo.
Per determinare il risarcimento del danno morale, è importante valutare inizialmente se sia correlato a un danno biologico. Solitamente, se il danno biologico supera il 3%, il danno morale viene automaticamente risarcito.
Quando il danno non è associato a lesioni fisiche, la vittima deve fornire prove concrete della sofferenza morale subita. La quantificazione del risarcimento per il danno morale avviene in base al criterio dell’equità, lasciando al giudice il compito di determinare un importo adeguato a ogni caso specifico.
La personalizzazione del danno morale, come stabilito dalla sentenza della Cassazione Civile, Sezione III, numero 5691 del 23 marzo 2016, permette al giudice di valutare il risarcimento in modo indipendente rispetto ai parametri fissati dalle tabelle del Tribunale di Milano.
Inoltre, la Corte di Cassazione, nella sentenza già menzionata numero 19623/2022 della Sezione Lavoro, ha confermato la risarcibilità del danno morale anche in assenza di malattia, estendendo tale riconoscimento anche ai familiari delle persone esposte a situazioni dannose.
Risarcimento del danno tanatologico: come funziona?
Il danno tanatologico identifica le sofferenze patite dalla vittima di un atto illecito prima del decesso, causato in maniera diretta dall’illecito stesso. Sul riconoscimento di questo tipo di danno è ancora aperto il dibattito, tanto che il danno tanatologico non è sempre considerato risarcibile.
Il danno tanatologico si differenza dal danno biologico puro perché in questo caso a essere danneggiata non è la salute, ma la vita vera e propria. Inoltre il danno tanatologico si configura solo quando il decesso avviene in un lasso di tempo molto breve tra decesso stesso e momento della lesione. Questo perché la morte deve essere chiaramente la conseguenza diretta della lesione.
Possiamo affermare che l’orientamento più comune è quello di negare il riconoscimento del danno tanatologico, in quanto il diritto stesso non è trasmissibile agli eredi. Quindi, essendo deceduto il titolare del diritto leso, verrebbe a mancare anche il beneficiario del risarcimento.
Risarcimento del danno catastrofale: come funziona?
Il danno catastrofale si caratterizza per la sua estrema intensità. Spesso è legato a eventi traumatici e riflette il senso di disperazione e sofferenza vissuto da un individuo in attesa consapevole della morte, un evento percepito come inevitabile.
Il danno catastrofale è principalmente di natura morale, poiché è legato all’intensità della sofferenza psichica vissuta.
Secondo la recente interpretazione giuridica, infatti, il danno catastrofale rappresenta una forma del danno morale caratterizzata da un’eccezionale intensità. Per questo è anche chiamato danno morale terminale.
La Corte di Cassazione, nella sentenza numero 29492 del 2019, ha delineato i requisiti necessari per il riconoscimento del danno catastrofale, che includono:
- lo stato di coscienza e la comprensione, da parte della vittima, della propria condizione clinica irrimediabile;
- la non immediata morte a seguito delle lesioni, con la vittima che deve rimanere in vita per un intervallo di tempo oggettivamente apprezzabile, anche se minimo.
Pertanto, per ottenere il risarcimento del danno catastrofale, è necessaria la prova della consapevole e lucida percezione dell’ineluttabilità della propria fine.
Il diritto al risarcimento del danno catastrofale è ereditabile dagli eredi (Cass. Civ. Sez. III Ord. n. 16592/2019; n. 3374/2015). Gli eredi legittimi della vittima infatti, oltre ai danni subiti iure proprio, hanno diritto a quelli iure hereditas, subiti cioè dal loro congiunto.
Il periodo di tempo entro cui è risarcibile questa forma di danno è limitato a 100 giorni. Una volta trascorso questo periodo, il danno terminale cessa di essere risarcibile, e torna a essere risarcito solo il danno biologico temporaneo.
Risarcimento del danno subito iure proprio
Quando un individuo subisce la perdita di un caro o una grave lesione alla propria integrità psicofisica a causa di un comportamento illecito da parte di un terzo, la legge riconosce ai familiari del danneggiato un diritto a un risarcimento, sia di natura economica che morale. Questo risarcimento mira a compensare il familiare per la sofferenza subita a causa della perdita irreversibile del legame familiare con il proprio congiunto.
Tale forma di risarcimento intende riparare il familiare dal danno subito su due fronti: uno morale, relativo alla sofferenza emotiva causata dall’impossibilità di mantenere il legame familiare, e uno dinamico-relazionale, riguardante il cambiamento significativo nella vita del familiare che ha subito il danno.
È compito della vittima dell’atto illecito dimostrare i fatti che costituiscono la base della sua richiesta di risarcimento, anche ricorrendo a presunzioni semplici o massime di comune esperienza in alcuni casi.
Quando si tratta della morte di un familiare stretto (coniuge, genitore, figlio, fratello), la Corte Suprema stabilisce che la stessa esistenza del legame di parentela presuma la sofferenza del familiare superstite, poiché è un’esperienza comune e solitamente naturale per gli esseri umani. Tuttavia, è sempre possibile per il convenuto dimostrare circostanze specifiche che indichino l’assenza di un legame emotivo tra vittima e superstite.
La qualità del rapporto familiare può influenzare la determinazione del risarcimento La valutazione equa del danno, volta a personalizzarne l’importo, richiede che il danneggiato fornisca prove concrete che giustifichino un aumento del valore del risarcimento oltre ai parametri stabiliti. Eventuali correzioni sono ammissibili in base alle circostanze specifiche del caso.
La Corte Suprema, con la sentenza 15350 del 22 luglio 2015, ribadisce il principio secondo cui tutti i danni subiti dai familiari, sia di natura economica che morale, derivanti dalla morte di un congiunto, sono risarcibili. Questo principio si basa sugli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, come confermato da varie sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione.