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amianto, studio Cina Finlandia (Foto free di sfkjrgk da Pixabay)

Amianto e tumore polmonare: uno studio da Cina e Finlandia

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  • Ultima modifica dell'articolo:Novembre 13, 2025

Secondo lo studio di Huang et al. pubblicato su Environmental Health a ottobre, l’esposizione occupazionale all’amianto rimane una delle principali cause prevenibili di tumore polmonare a livello mondiale. La ricerca ha utilizzato i dati del Global Burden of Disease , analizzando nuovi casi, decessi e anni di vita persi per disabilità (DALYs), suddivisi per età, sesso e regione nel periodo dal 1990 al 2021.

Nonostante la crescente consapevolezza dei rischi, l’amianto viene ancora impiegato in alcuni Paesi, rendendo urgente la diffusione di normative più severe.

Dati principali dello studio

L’esposizione occupazionale all’amianto ha contribuito a:

  • 9,4% dei decessi globali per tumore polmonare
  • 7,2% dei DALYs a livello mondiale

Tra le regioni geografiche, l’Australasia (Australia, Asia, Nuova Guinea, Nuova Zelanda) ha registrato la più alta percentuale di decessi per cancro al polmone e di disabilità attribuibili all’esposizione professionale all’amianto, rispettivamente del 30,6% e del 25,8%.
A livello nazionale, Stati Uniti, Cina e Giappone si sono classificati come i primi tre paesi per decessi per cancro al polmone dovuti all’amianto.

Trend per età e regione

Il carico di tumore polmonare si concentra sempre più su popolazioni over 70, con le regioni ad alto Socio-demographic Index (SDI) che registrano i maggiori decessi. Tuttavia, le nazioni con basso SDI mostrano gli incrementi più rapidi.

Effetto dei divieti di amianto

I dati indicano che, mediamente, 25 anni dopo un divieto completo di amianto, si osserva una riduzione significativa dei nuovi casi e dei decessi. Paesi come Islanda, Germania, Francia e Italia hanno raggiunto un plateau nei casi circa 20 anni dopo il divieto, mentre Islanda ha registrato un declino netto 27 anni dopo l’entrata in vigore.

Amianto e prevenzione del tumore polmonare

Nonostante i divieti nei Paesi sviluppati, alcune nazioni BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) continuano a produrre e utilizzare crisotilo, aumentando il rischio occupazionale.

L’interazione tra fumo e amianto aumenta ulteriormente il rischio, sottolineando la necessità di:

  • Politiche preventive efficaci
  • Bonifiche ambientali
  • Campagne di sensibilizzazione sui rischi dell’amianto

impatti futuri

Lo studio conferma che un divieto totale e rigoroso di amianto riduce significativamente il carico globale di tumore polmonare. Questi risultati rafforzano l’urgenza di politiche preventive, sia a livello nazionale che internazionale, e sottolineano l’importanza della salute occupazionale per i lavoratori.

Riportiamo la conclusione letterale della ricerca: “In sintesi, i nostri dati hanno dimostrato che l’esposizione professionale all’amianto continua a contribuire in modo significativo all’incidenza globale del cancro al polmone. Abbiamo riscontrato, circa 25 anni dopo la piena attuazione dei divieti sull’amianto in 50 paesi, che i nuovi casi di cancro al polmone, i decessi e i DALY (numero di anni persi a causa della malattia, per disabilità o per morte prematura) correlati all’amianto iniziano a diminuire. Solo 70 paesi hanno emanato un divieto totale sull’amianto, mentre la Cina è il secondo consumatore e il terzo produttore mondiale di crisotilo, responsabile di circa il 40% dei nuovi casi e dei decessi per cancro al polmone ogni anno. Pertanto, riteniamo che nei prossimi anni si prevede un aumento dei nuovi casi, dei decessi e dei DALY per cancro al polmone associati all’esposizione professionale all’amianto. Di conseguenza, è urgente vietare completamente l’uso dell’amianto in tutto il mondo, in particolare nelle regioni con bassi livelli di SDI.

Posizione, quest’ultima condivisa in Italia anche dallAvv. Ezio Bonanni, presidente dell‘Osservatorio Nazionale Amianto.

Fonte:
Huang Q., Cheng Y., Lei R., Chen Z., Gu W., Hemminki K., Chen T. (2025). Global burden of lung cancer attributable to occupational asbestos exposure: 1990 to 2021. Environmental Health, 24, 84. Open Access