Il rischio di incidente rilevante rappresenta una delle sfide più delicate nella gestione delle attività industriali moderne. Una gestione responsabile delle sostanze pericolose, unita a una solida struttura normativa e a un controllo rigoroso, è indispensabile per garantire la sicurezza collettiva.

Il D.Lgs. 105/2015 e la Direttiva Seveso III sono gli strumenti fondamentali per ridurre l’esposizione a eventi potenzialmente disastrosi e per assicurare che la popolazione e l’ambiente siano tutelati in ogni fase della vita di uno stabilimento industriale.

Di seguito vediamo nel dettaglio cos’è il rischio di incidente rilevante e come sono definiti gli incidenti rilevanti. Vediamo qual è la normativa di riferimento e come funzionano prevenzione e controlli del rispetto delle norme.

Incidente rilevante: cosa significa e perché è un tema centrale per la sicurezza ambientale e industriale

Quando si parla di incidenti rilevanti in ambito industriale, ci si riferisce a eventi gravi che possono avere conseguenze devastanti non solo per chi lavora all’interno di un impianto, ma anche per l’ambiente e le comunità che vivono nelle vicinanze.

Si tratta di episodi che vanno ben oltre il semplice guasto tecnico: esplosioni, incendi o fuoriuscite di sostanze chimiche pericolose in grado di contaminare l’aria, l’acqua o il suolo, e di minacciare la salute pubblica.

Affrontare questi rischi significa mettere in campo strategie complesse, che uniscono prevenzione, monitoraggio, gestione dell’emergenza e informazione trasparente. L’Italia, insieme agli altri Stati membri dell’Unione Europea, ha costruito nel tempo una normativa solida che fa capo alla cosiddetta Direttiva Seveso, recepita a livello nazionale dal Decreto Legislativo 105/2015.

Il contesto europeo e la nascita della Direttiva Seveso

L’interesse delle istituzioni europee verso la gestione del rischio industriale nasce da un episodio drammatico: nel 1976, a Seveso, in Lombardia, un impianto chimico rilasciò nell’atmosfera una nube tossica contenente diossina. Le conseguenze furono gravissime: intere zone vennero evacuate, numerose persone e animali furono esposti alla sostanza, e si registrarono effetti a lungo termine sulla salute.

Questo evento fu il punto di svolta che portò l’Unione Europea a redigere una normativa apposita, la Direttiva Seveso, che da allora ha subito diversi aggiornamenti. L’attuale versione, nota come Seveso III (Direttiva 2012/18/UE), è frutto dell’esperienza accumulata in decenni e di eventi tragici come quello di Bhopal (India, 1984) e l’esplosione dello stabilimento AZF a Tolosa (Francia, 2001). L’obiettivo della normativa è ridurre la probabilità di incidenti gravi e mitigare il più possibile le loro conseguenze, proteggendo lavoratori, cittadini e risorse naturali.

L’attuazione italiana: il Decreto Legislativo 105/2015

In Italia, la Direttiva Seveso III è stata recepita con il D.Lgs. 105 del 2015, che ha aggiornato la precedente normativa e definito in modo più preciso gli obblighi per le aziende a rischio. Il decreto si applica agli stabilimenti dove si trovano sostanze pericolose in quantità tali da poter provocare un incidente rilevante. Queste sostanze possono essere altamente infiammabili, esplosive, tossiche per l’uomo o nocive per l’ambiente.

Le imprese vengono classificate in due categorie: stabilimenti a soglia inferiore e stabilimenti a soglia superiore, a seconda delle quantità di sostanze presenti. Nei siti a soglia superiore si applicano misure di prevenzione e controllo più rigide, come la redazione di un rapporto di sicurezza, l’elaborazione di piani di emergenza interni ed esterni, e l’obbligo di informare in modo chiaro la popolazione.

Come si previene un incidente rilevante?

La prevenzione degli incidenti industriali passa attraverso un insieme articolato di azioni. Ogni gestore di uno stabilimento soggetto alla normativa Seveso deve predisporre una Politica di Prevenzione degli Incidenti Rilevanti (PPIR), contenente gli obiettivi e i principi generali adottati per garantire la sicurezza.

Negli stabilimenti a soglia superiore, il cuore dell’intero sistema è il Rapporto di Sicurezza, un documento complesso che descrive in dettaglio:

  • la natura e le caratteristiche delle sostanze pericolose presenti;
  • i rischi associati alle attività svolte;
  • le misure tecniche e organizzative messe in atto per ridurre al minimo la probabilità e le conseguenze di un incidente;
  • le modalità di gestione dell’emergenza.

Questo documento è sottoposto a un esame rigoroso da parte delle autorità competenti, che possono imporre modifiche, prescrizioni aggiuntive o, nei casi più gravi, bloccare le attività.

Il diritto all’informazione e la protezione dei cittadini

Uno degli aspetti chiave della normativa è la trasparenza verso la popolazione. I cittadini che vivono o lavorano nelle aree a rischio devono essere informati, in modo comprensibile e tempestivo, sui pericoli potenziali, sulle sostanze utilizzate nello stabilimento e su come comportarsi in caso di emergenza.

Il decreto prevede anche forme di partecipazione attiva del pubblico nei procedimenti autorizzativi, ad esempio quando si costruisce un nuovo impianto o si modifica un’attività esistente. L’informazione non è solo un obbligo per il gestore, ma un diritto per chi può essere coinvolto.

Le attività di controllo e ispezione: chi vigila e come

Il sistema di vigilanza coinvolge diverse istituzioni, tra cui il Ministero dell’Ambiente, i Vigili del Fuoco, le Regioni, le Prefetture e le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA). Questi enti cooperano per effettuare controlli periodici, pianificati e non annunciati, sugli stabilimenti assoggettati alla disciplina Seveso.

Ogni ispezione ha lo scopo di verificare la corretta applicazione delle misure di prevenzione e la piena attuazione dei piani di emergenza. Quando si riscontrano irregolarità o violazioni gravi, possono scattare sanzioni, provvedimenti restrittivi o la sospensione temporanea delle attività.

Perché la gestione del rischio è cruciale per l’ambiente?

Oltre agli effetti sulla salute umana e sulla sicurezza sul lavoro, un incidente rilevante può compromettere interi ecosistemi. L’inquinamento derivante dalla dispersione di sostanze chimiche nel suolo, nelle acque o nell’aria può danneggiare habitat naturali, causare la morte di fauna e flora, e rendere inutilizzabili risorse idriche per anni.

La normativa Seveso, dunque, non tutela solo le persone, ma anche il patrimonio ambientale. L’analisi del rischio ambientale è parte integrante della valutazione complessiva che le autorità svolgono sugli impianti a rischio, e i piani di emergenza devono prevedere anche misure per il contenimento del danno ambientale.