Le vittime del dovere hanno donato la loro vita per gli altri e sono deceduti nello svolgimento della loro professione, oppure hanno riportato gravi danni biologici. Lo status di vittime del dovere è conferito a coloro che svolgono attività per la salvaguardia dei diritti fondamentali e dei beni più preziosi della nostra collettività. 

L’eventualità purtroppo non rara, non riguarda però solo i casi più eclatanti legati a vere e proprie calamità, ma anche lo svolgimento del servizio in particolari condizioni.

Infatti, in molti casi i dipendenti pubblici sono stati esposti ad amianto e ad altri cancerogeni. Come vedremo in seguito in questo caso le vittime sono equiparate alle vittime del dovere e ne hanno gli stessi diritti e benefici previsti dalla legge.

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Vittime del dovere: cosa significa?

Sono vittime del dovere coloro che hanno svolto quelle attività di servizio specificate nell’art. 1, co. 563, L. 266/2005, in particolare, le Forze dell’ordine, unitamente alle Forze Armate.

Alla luce dell’art. 20 della L. 183/2010 che norma  l’equiparazione delle vittime dell’amianto a vittime del dovere, l’ambito di tutela si è ampliato. Quindi coloro che per esposizione cancerogena subiscono un danno, possono chiedere il riconoscimento di equiparati a vittime del dovere.

Il sistema di tutela in particolare dei dipendenti pubblici è variegato. Con la L. n. 201/2011, la tutela rispetto al rischio di infortunio e malattia professionale è passata all’INAIL.

Ci sono poi delle eccezioni, costituite da coloro che fanno parte del pubblico impiego non privatizzato (in base all’art. 6 della L. 201/2011).

Per questi settori (Forze Armate, piuttosto che Polizia di Stato, Corpo forestale, Polizia Penitenziaria, Guardia di finanza e Vigili del fuoco) si applica il precedente ordinamento. Esso prevede il riconoscimento della causa di servizio. Poi successivamente può essere richiesto il riconoscimento dello status di vittima del dovere.

Chi sono le vittime del dovere?

L’art. 1 comma 563, L. 266/2005, qualifica la fattispecie: “Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all’art. 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:

  • nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;
  • nello svolgimento del servizio di ordine pubblico;
  • nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
  • in operazioni di soccorso;
  • in attività di tutela della pubblica incolumità;
  • a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, carattere di ostilità”.

Le vittime del dovere e i soggetti equiparati

Sono soggetti equiparati a vittime del dovere coloro che hanno svolto servizio in condizioni operative disagiate. Ci riferiamo ai casi di esposizione a sostanze cancerogene.

Quella dell’esposizione a sostanze cancerogene è un tema dolente perché il dato epidemiologico, in particolare per le Forze Armate, è sconcertante. Tra gli agenti cancerogeni, debbono essere ricordati oltre all’amianto, a onde ionizzanti e uranio impoverito.

In questi casi, sussistono tutti i presupposti per il riconoscimento dello stato giuridico di vittima del dovere. Le stesse tutele devono essere accordate anche i superstiti, nel caso di decesso.

Equiparazione a vittime del dovere

Infatti, ai sensi dell’art. 1 co. 564, L. 266/2005 e art. 1 del d.p.r. 243/2006, sono equiparati a vittime del dovere coloro che hanno subito l’infermità per esposizione a cancerogeni. 

La giurisprudenza è quindi univoca nell’attribuire lo status di equiparato a vittima del dovere a tutti coloro che hanno subito infermità per esposizione cancerogena. Così nella giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, in particolare Cassazione Sez. L Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 19/01/2021, n. 823.

Dunque è sempre vero che i dipendenti delle Forze Armate e del Comparto Sicurezza che riportino delle infermità nello svolgimento di determinate attività (quelle che abbiamo detto più su) hanno diritto al riconoscimento dello status di vittima del dovere. 

Sono invece equiparati alle vittime del dovere tutti coloro che hanno subito un danno biologico per aver svolto il loro servizio in particolari condizioni ambientali ed operative eccedenti l’ordinarietà.

Si fa riferimento alle particolari condizioni ambientali ed operative eccedenti l’ordinarietà (art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006), tra le quali l’esposizione ad amianto, a nanoparticelle per proiettili all’uranio impoverito, a radiazioni ionizzanti ecc…

“c. per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.

L’introduzione normativa è dovuta all’intervento dell’allora Presidente della Repubblica, Senatore Giorgio Napolitano.

Equiparati a vittime del dovere e amianto

Il rischio amianto è ritenuto a tutti gli effetti esorbitante rispetto alle funzioni e all’attività lavorativa e di servizio. Questo nel settore del rapporto di lavoro privato, come in quello pubblico. In quest’ultimo ambito, si ravvisano casi molteplici di infermità dovute alle esposizioni ai cancerogeni.

L’amianto, anche detto asbesto, è un insieme di minerali fibrosi con fibre che sono centinaia di volte più sottili di un capello. Vengono facilmente inalate e causano gravi infiammazioni e neoplasie, tra cui il mesotelioma che può essere causato solo dall’esposizione ad amianto. Le malattie amianto correlate sono spesso letali e soprattutto lo è il mesotelioma per cui le aspettative di vita sono scarse.

Nel più recente “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – Ed.2022“, è tracciato il quadro della situazione in Italia, che è allarmante.

Amianto/asbesto: Forze dell’Ordine ed epidemia in Marina Militare

L’asbesto è stato utilizzato in tutti i sistemi d’arma, nelle installazioni e perfino nelle unità navali, negli aeromobili e negli elicotteri. Quindi ne sono stati esposti i dipendenti del Ministero della Difesa (Marina, Esercito, Aeronautica e Carabinieri) e del Comparto Sicurezza (Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Polizia Municipale, Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e Guardia di Finanza).

L’utilizzo di amianto, in particolare nelle unità navali della Marina Militare Italiana, e nelle basi a terra, da quella di Taranto a quella di La Maddalena, a quella di La Spezia e a quella di Augusta e in tutte le altre basi ed arsenali, e perfino negli alloggi, ha provocato un fenomeno epidemico di patologie asbesto correlate.

In particolare, sono stati registrati 530 mesoteliomi solo tra coloro che sono stati imbarcati nelle unità navali della Marina. L’amianto è causa di mesotelioma, il cancro del polmone, della laringe, della faringe, del colon, oltre ad altre neoplasie del tratto gastrointestinale, asbestosi, placche pleuriche e ispessimenti pleurici. 

Forze Armate, Comparto Sicurezza: vittime del dovere

Le Forze Armate e le Forze dell’Ordine svolgono il loro servizio in condizioni di rischio.

Non solo attentati, azioni di forze nemiche, ma anche esposizioni cancerogene senza cautela, con la violazione dell’art. 2087 c.c. Infatti, proprio la violazione delle norme della sicurezza sul lavoro costituisce il banco di prova della necessaria tutela estesa anche ai familiari.

Come si evince dalla Relazione finale della Commissione D’Inchiesta Uranio Impoverito (07.02.2018), tutti coloro che hanno svolto queste attività di servizio hanno subito dei pregiudizi.

Uranio impoverito e vittime del dovere

Nel corso delle diverse missioni italiane all’estero, e anche in quelle in Italia, si è verificata la condizione di rischio del personale civile e militare delle Forze Armate (Marina Militare, Esercito Italiano, Aeronautica Militare, e Carabinieri), in seguito ad esposizione ai diversi agenti cancerogeni e all’uso di proiettili all’uranio impoverito (in particolare in quelle balcaniche, tra cui il Kosovo).

Questa situazione ha determinato quella condizione di rischio che è alla base dell’epidemia che ha colpito i nostri militari al rientro dalle missioni. Casi di linfoma di Hodgkin, leucemie e altri tumori del sistema emolinfopoietico, oltre a quelle asbesto correlate. Le vittime dell’uranio impoverito sono anch’esse equiparate alle vittime del dovere, con diritto alle relative prestazioni.

Vaccini contaminati: vittime del dovere

In questi ultimi anni, una delle maggiori emergenze, è costituita dall’epidemia che ha colpito coloro che sono stati impiegati nelle missioni all’estero. Tra questi, infatti, più di 400, sono deceduti per tumori emolinfopoietici, dopo le missioni all’estero. 

Per questi motivi, l’ONA ha evidenziato le pratiche vaccinali dei militari, tali per le quali ci sono stati dei rischi. 

Infatti, questi militari sono stati sottoposti a vaccinazioni multiple poco prima della partenza in queste missioni, tra le quali quelle Bosnia (1995), Kosovo (1998) e Iraq (1991 e 2003).

Questi militari, dopo questa pratica vaccinale, sono stati impiegati in territori presso i quali erano esplosi proiettili ad uranio impoverito.

Quindi sono stati esposti a nanoparticelle di metalli pesanti e radiazioni ionizzanti e non ionizzanti.

Leggi tutto su Vaccinazioni obbligatorie e risarcimento danni

Vaccini, uranio impoverito e amianto: epidemia

Nelle Forze Armate, e quindi tra coloro che hanno svolto servizio nell’Esercito, nella Marina e nell’Aeronautica, vi è in corso una epidemia. Quest’ultima riguarda non solo le malattie asbesto correlate, ma anche molti altri tumori, tra i quali quelli emolinfopoietici.

Nella tragica contabilità di queste vittime del dovere:

  • leucemia, per 236 ammalati e 97 deceduti;
  • tumori del sistema linfatico, per 27 ammalati e 3 morti;
  • linfomi, per 846 ammalati e 91 deceduti;
  • neoplasie del sangue, per 22 ammalati di cui 3 deceduti;
  • neoplasie dei tessuti molli, per 118 ammalati di cui 21 deceduti.

Vittime del dovere e la tutela previdenziale e risarcitoria

Le vittime del dovere, e i loro familiari, oltre alla tutela indennitaria, hanno diritto al risarcimento del danno. In caso di decesso, queste somme debbono essere liquidate agli eredi legittimi. Inoltre questi ultimi, se stretti congiunti, hanno diritto anche al risarcimento del danno iure proprio.

In più, questa tutela è assicurata anche a coloro che subiscono infermità nell’adempimento dei loro doveri, anche nel caso in cui non siano dipendenti pubblici (SS.UU. 22753/2018).. 

Nel corso dell’evoluzione normativa, per effetto dell’art. 1 comma 562 della L. 266/2005, vi è stato un allineamento con le vittime del terrorismo. Queste ultime sono coloro che hanno subito infermità in seguito alle attività delle mafie e della criminalità organizzata.

Come chiarito dalla Corte di Cassazione: “In tema di benefici in favore delle vittime del dovere e dei soggetti ad essi equiparati, l’ammontare dell’assegno vitalizio mensile è uguale a quello dell’analogo assegno attribuito alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata“.

I diritti delle vittime del dovere e degli equiparati

I benefici a cui hanno diritto le vittime del dovere sono le “provvidenze le misure di sostegno e tutela previste dalle leggi 13 agosto 1980, n. 466, 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e 3 agosto 2004, n. 204″.

L’art. 1 del regolamento precisa:

  • per benefici e provvidenze le misure di sostegno e tutela previste dalle leggi 13 agosto 1980, n. 466, 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e 3 agosto 2004, n. 204;
  • missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinate al dipendente;
  • per particolari condizioni ambientali od operative, implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.

Nelle tutele, come già detto, sono compresi anche coloro che non sono dipendenti pubblici come chiarito da SS.UU. 22753/2018. In più lo sono anche i soggetti equiparati, tra i quali anche le vittime dell’amianto. Ribadiamo quindi che rientrano in queste tutele tutti coloro che hanno svolto servizio in esposizione a cancerogeni (Cassazione Civile, Sezione lavoro, 4238/2019; Cass., sez. lav., n. 20446/2019). 

I “soggetti equiparati a vittime del dovere” hanno gli identici diritti delle vittime del dovere.

Diritto al risarcimento dei danni della vittima del dovere

Le vittime del dovere e i loro familiari hanno diritto a ottenerne il riconoscimento, cui consegue oltre alle prestazioni proprie per coloro che hanno ottenuto il riconoscimento di causa di servizio, anche le prestazioni previdenziali di vittima del dovere, con gli stessi importi riconosciuti alle vittime del terrorismo, e il risarcimento dei danni.

I danni possono essere non patrimoniali (danno biologico, danno morale e danno esistenziale e per lesione dei diritti costituzionali subiti dalla vittima del dovere).  Lo strumento di calcolo del danno non patrimoniale è costituito dalle Tabelle del Tribunale di Milano. Abbiamo poi i danni patrimoniali (danno emergente e lucro cessante), legati alle diminuite capacità di lavoro.

In caso di decesso, i familiari delle vittime del dovere, il coniuge e i figli, hanno diritto anche al risarcimento dei danni. Il risarcimento ai familiari della vittima prevede i pregiudizi iure proprio e quelli iure hereditatis.

Le vittime del dovere hanno diritto al risarcimento dei:

  • Danni biologici (lesione all’integrità psicofisica).
  • Sofferenza fisica e morale (danni morali).
  • Danni esistenziali (per il peggioramento qualità della vita).
  • Pregiudizio patrimoniale della vittima del dovere.
  • Danno emergente.
  • Danno per lucro cessante.

La salute è il diritto più importante (art. 32 della Costituzione), la cui lesione determina gravi pregiudizi anche nell’esercizio degli altri diritti della vittima e dei suoi familiari, e in molti casi, il decesso, che ha ulteriori più gravi ripercussioni, sia nei periodi appena antecedenti il trapasso, sia per il proseguo nei confronti dei familiari.

Azione civile  per il risarcimento danni

La vittima del dovere oppure i familiari, in caso di decesso, hanno diritto al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, patiti e patiendi.

Per ottenere tali risarcimenti, le vittime del dovere possono intraprendere diverse azioni:

  • costituirsi parte civile nel processo penale e chiedere la condanna del Ministero, sia esso della Difesa, dell’Interno, o dell’Economica e delle Finanze, in solido con gli imputati, al risarcimento dei danni da reato (lesioni colpose in caso di patologia e omicidio colposo in caso di decesso);
  • esercitare l’azione civile presso il TAR, facendo valere la responsabilità contrattuale per violazione dell’obbligo di sicurezza;
  • esercitare l’azione civile con azione presso il Tribunale di Roma, chiedendo la condanna del Ministero responsabile, per i profili di responsabilità extracontrattuale e civile da reato.

In particolare i militari  possono rivolgersi al TAR per la responsabilità contrattuale e al Giudice civile per la responsabilità extracontrattuale (SS.UU. della Corte di Cassazione, n. 95733 del 05.05.2014 in precedenza SS.UU. 3183/2012).

Prestazioni per le vittime del dovere e familiari superstiti

Le vittime del dovere hanno diritto alla tutela legale. In questo modo, con il loro riconoscimento, hanno diritto alle prestazioni previdenziali:

  • Speciale elargizione da € 200.000, oltre la rivalutazione monetaria in ipotesi di inidoneità al servizio o di invalidità non inferiore all’80% (negli altri casi, € 2.000 per punto percentuale, oltre rivalutazione monetaria).
  • Assegno vitalizio mensile di € 500,00, a condizione che abbiano una lesione invalidante pari al 25%.
  • Speciale assegno vitalizio di € 1.033,00 mensili, a condizione che abbiano una lesione invalidante pari al 25%.
  • Due annualità di pensione per gli aventi diritto alla reversibilità.
  • Esenzione Irpef sulle pensioni.
  • Assunzione per chiamata diretta con precedenza assoluta rispetto a ogni altra categoria.
  • Esenzione dal pagamento del ticket sanitario.
  • Accesso alle Borse di studio.
  • Assistenza psicologica (leggi tutto sulla salute psicologica).

In caso di decesso, le prestazioni maturate dalla vittima debbono essere erogate ai suoi eredi legittimi. Inoltre, essendo anche superstiti, hanno diritto alla costituzione delle relative prestazioni previdenziali.

Le prestazioni di vittima del dovere sono costituite rispettivamente in favore del coniuge e degli orfani, e, in loro assenza, dei genitori e dei fratelli, cui debbono essere liquidate le stesse prestazioni inizialmente erogate o cui avrebbe avuto diritto il deceduto, con decorrenza dalla data della morte.

Gli altri diritti delle vittime del dovere

Oltre alle prestazioni previdenziali legate allo status di vittima del dovere, ci sono anche altri diritti. Tra questi ci sono la pensione privilegiata e l’equo indennizzo. In questo modo, il riconoscimento dello status di vittima del dovere è lo strumento tecnico per ottenere il risarcimento dei danni.

Molto emblematico sul punto è quanto affermato dal TAR Liguria, sentenza n. 204/2021. Infatti, con questa sentenza si è affermato il principio che gli atti di riconoscimento costituiscono confessione (TAR Lazio, Sez. I bis, n. 11985/2018) e al tempo stesso “riconoscimento di debito”.

Tanto è vero che in quella sentenza si legge: “Tale provvedimento costituisce riconoscimento del debito da parte dell’amministrazione, atteso che, come chiarito dalla Corte di Cassazione per la ricognizione di debito” non sono richieste formule speciali o particolari, essendo sufficiente che esso risulti univoco, nel senso che promani da un atto o fatto incompatibile con la volontà di non riconoscere il diritto rispetto alla quale la prescrizione ha già iniziato il suo decorso”.

Questi principi sono stati affermati già dalla Corte di Cassazione Civile, VI sezione, n. 13897 del 06.07.2020.

Riconoscimento benefici familiari anche non a carico fiscale

L’Avvocatura Generale dello Stato eccepisce che i familiari che non erano nel carico fiscale della vittima, in caso di decesso, non hanno diritti. In particolare ci si riferisce alle prestazioni connesse al riconoscimento di vittima del dovere.

Ne sono seguite una serie di controversie giudiziarie. In un significativo numero di procedimenti, anche gli orfani non a carico hanno ottenuto il riconoscimento del diritto, con la condanna dei Ministeri.  I casi più significativi riguardano gli orfani nella Marina Militare, che hanno ottenuto gli stessi importi riconosciuti alle vittime del terrorismo.Intervento della Dott.ssa Renata Roffeni Tiraferri - Conferenza Roma 6 novembre 2018

Il Tribunale di Salerno, Sezione Lavoro, con sentenza 2334/2017 del 30.08.2017, ha condannato il Ministero della Difesa con diritto alle prestazioni di  orfano di vittima del dovere.  In particolare sono riconosciuti gli stessi importi riconosciuti alle vittime del terrorismo. In base all’art. 2 L. 407/1998 “l’importo mensile di €500,00, oltre perequazioni ex lege, e lo speciale assegno vitalizio vittime del dovere (vittime del dovere assegno vitalizio), dell’importo di €1.033,00, oltre perequazioni ex lege, a decorrere dal decesso“.

Rispetto alle sentenze precedenti, che riconoscono i diritti degli orfani non a carico, la sentenza della Corte di Cassazione del 06.04.2022 segna una battuta di arresto. Infatti la sentenza 11181/2022 ribadisce come l’espansione del diritto ai figli non conviventi sia dovuta solo in caso di assenza del coniuge superstite o del suo mancato godimento della pensione.

Questa posizione, però, non è condivisa dall’ONA e dall’Avv. Ezio Bonanni. La decisione costituisce una forma di discriminazione nel trattamento tra orfani. Invece è importante tutelare il principio di uguaglianza e di pari dignità salvaguardato dalla Costituzione. Allo stesso modo va contro il diritto comunitario. Perciò un altro strumento di tutela per i superstiti è il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE.

Imprescrittibile lo status di vittima del dovere

In molti casi, le diverse Amministrazioni dello Stato, hanno negato il riconoscimento dei diritti, sulla base della prescrizione decennale. In realtà, gli status sono non prescrittibili. Lo stabilisce, infatti, l’art. 2934 c.c., a maggior ragione per le vittime del dovere e gli equiparati, in ragione degli artt. 2 e 38 Cost.

Tuttavia, questa dura, lunga battaglia processuale, animata a più livelli, è stato l’ulteriore banco di prova. Finalmente, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 17440/2022, ha confermato questi principi.

Vittime del dovere: le tutele delle SS.UU. 6215/2022

Le recenti iniziative giudiziarie hanno permesso di ottenere significativi risultati. Innanzitutto in termini di riconoscimento e poi di adeguamento nella quantificazione dell’entità del danno non patrimoniale vittime del dovere.

Infatti, non si può non tener conto, oltre che del danno biologico, anche dei danni morali ed esistenziali. Per questi motivi, già in sede giudiziaria l’Avv. Ezio Bonanni ha ottenuto che le modalità di calcolo tengano conto del Danno Biologico, Danno Morale e differenza ottenuta fra Invalidità Permanente e Danno Biologico: IC= DB+DM+ (IP-DB).

Con questa formula, in ordine al danno morale, ai sensi dell’art.4 del DRP 181/2009, occorre tener conto della sofferenza fisica e morale, e del turbamento dello stato d’animo. Inoltre è rilevante la lesione alla dignità della persona, con riferimento all’evento morboso, quindi con un adeguamento pari ai 2/3 del valore percentuale del danno biologico.

Questa importante tutela è stata confermata dalle SS.UU. 6215/22, anche per le vittime del dovere, e comunque per le prestazioni previdenziali delle vittime del dovere. Infatti, con il raggiungimento del 25% queste vittime hanno diritto allo speciale assegno vitalizio e all’assegno vitalizio mensile.